Transazioni e conciliazioni sul lavoro

In via generale le controversie che insorgono durante il rapporto di lavoro possono essere di tipo “individuale” (costituzione del rapporto di lavoro, differenze retributive, violazione degli obblighi in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro, violazione del dovere di fedeltà, impugnazione del licenziamento, ecc.)  o  di tipo “collettivo“ che riguardano l'impresa e la collettività dei lavoratori (trasferimento d’azienda , diritti della collettività dei lavoratori, diritti sindacali, sciopero ecc.).
 
2. La transazione: normativa ed aspetti particolari
La transazione è un contratto regolato dall'art.1965 del codice civile con il quale le parti , facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite in essere ovvero ne prevengono una potenziale, con lo scopo di evitare il giudizio.
In materia di lavoro l'art. 2113 del codice civile ribadisce che non sono valide le rinunce e transazioni che hanno a oggetto diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili della legge, dei contratti e degli accordi collettivi di diritto comune (si ritiene che tali rinunce e transazioni siano giuridicamente annullabili e non nulle).
Sono tuttavia escluse da tale norma le rinunce e le transazioni che riguardano il contratto individuale, in quanto sono state contratte direttamente dal lavoratore.
Le rinunzie e le transazioni di cui sopra possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore, idoneo a renderne nota la volontà.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410 e 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile.
 
 


La conciliazione facoltativa

Le controversie in materia di lavoro, oltre che in sede giudiziale, possono essere risolte in sede stragiudiziale, tra cui presso la Direzione territoriale del lavoro attraverso la sottoscrizione di un accordo transattivo.
Tale procedura, valida sia per il settore privato che per quello pubblico,
Nota: l’art. 1967 c.c. stabilisce che la transazione deve essere provata per iscritto e quindi la forma scritta è richiesta “ad probationem”.  Si tratta di una procedura conciliativa facoltativa (art. 413 c.pc.).
Vi sono anche e altre conciliazioni facoltative, in particolare :
  •  CONCILIAZIONE FACOLTATIVA PRESSO LE COMMISSIONI UNIVERSITARIE EX ART. 410 C.P.C.
  •  CONCILIAZIONE FACOLTATIVA PRESSO LE SEDI SINDACALI
  •  CONCILIAZIONE MONOCRATICA PRESSO LA COMMISSIONE DEI CONSULENTI DEL LAVORO
  •  CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
(...)
In questi casi la procedura può concludersi con un accordo o con la prosecuzione della lite in sede arbitrale o in giudizio.
Va detto che la conciliazione in sede sindacale è immediatamente valida e non può essere impugnata nel termine di 6 mesi previsto dall´art. 2113 c.c., comma 4.
La Commissione di conciliazione e arbitrato invece è uno specifico organo, previsto dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori, costituito a richiesta del lavoratore per valutare la legittimità dei provvedimenti disciplinari comminati (è una procedura complessa che prevede la fase arbitrale con la pronuncia del lodo).
 
 

La conciliazione obbligatoria ex art. 7 Legge n.604-1966

Sono tenuti al rispetto di questa  norma tutti i datori di lavoro con più di 15 lavoratori impiegati ovvero più di 5 se imprenditori agricoli.
Per quanto concerne l’ambito di applicazione occorre fare riferimento al licenziamento per “giustificato motivo oggettivo” ex art. 3, seconda parte, L. n. 604/1966 ovvero da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro e da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.
La Legge 28 giugno 2012, n° 92 ( Riforma Fornero) in questi casi ha introdotto all'art. 1, comma 40, una specifica procedura “preliminare” al licenziamento, reintroducendo l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione innanzi alla Direzione Territoriale del Lavoro (reso facoltativo dopo il “collegato lavoro” L. 183/2010 art. 31) e limitandola ai soli licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (gmo) in ambito di aziende aventi i requisiti dimensionali di cui all'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
 
 
 


Aggiornata il: 05/10/2015