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Il trattamento contabile e fiscale dei servizi bancari e finanziari esteri

I servizi bancari e finanziari esteri

Nel 2020 i servizi di pagamento diversi dal contante sono sempre più una realtà concreta, per aziende di tutte le dimensioni: sono utilizzati principalmente gateway di pagamento per le transazioni attraverso internet e i pos (fisici e virtuali) per i pagamenti con carte di debito e di credito.

Nel contesto di un mercato finanziario molto competitivo come quello europeo, si rintraccia sempre più spesso il caso che questi servizi vengano erogati da operatori bancari e finanziari non italiani: tra i più famosi possiamo ricordare, a titolo di esempio, PayPal, Amazon Pay, SumUp, Satispay, Braintree, Stripe, 2Checkout, e tanti altri.

Queste tipologie di servizi, anche quando effettuati da un operatore estero, comunitario o no, come precedentemente illustrato, sono da considerare come servizi esenti ai fini IVA. Tuttavia, se il trattamento contabile e fiscale di quelli forniti dagli istituti italiani, è piuttosto veloce, lo stesso non può dirsi per il caso in cui l’operatore non sia stabilito in Italia.

Infatti, in base all’articolo 17 comma 2 del DPR 633/72, gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato […] sono adempiuti dai cessionari o committenti”. Inoltre lo stesso DPR 633/72, all’articolo 25 comma 1, dispone che “il contribuente deve numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, comprese quelle emesse a norma del secondo comma dell’articolo 17 e deve annotarle in apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta. Quindi, la normativa, in caso di fornitore estero, si complica un poco. Vedremo nel seguito come gestire concretamente il caso.

I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Sul tema è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate in occasione della Circolare n.12/E del 12 marzo 2010, dove rispondendo ad un quesito ci fornisce delle utili informazioni operative: Nel caso in cui un’operazione rilevante ai fini IVA in Italia sia effettuata da un soggetto passivo non stabilito nel territorio dello Stato nei confronti di un soggetto passivo ivi stabilito, tutti gli adempimenti relativi all’applicazione dell’imposta gravano sul cessionario, il quale dovrà procedere all’assolvimento dell’IVA secondo il meccanismo del c.d. reverse charge. Quindi, nell’ipotesi di operazioni non imponibili o esenti, effettuate in Italia da soggetti non residenti nei confronti di cessionari o committenti nazionali, questi ultimi provvedono all’autofatturazione indicando in fattura, anziché l’IVA dovuta, gli estremi normativi in base ai quali l’operazione risulta non imponibile o esente. Il suddetto documento deve essere annotato nel registro delle fatture emesse e in quello delle fatture di acquisto (articoli 23 e 25 del DPR n. 633 del 1972), ma non deve essere riportato nel quadro VJ della dichiarazione annuale, trattandosi di fattura senza esposizione di IVA.”.

 

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Aggiornata il: 19/03/2021