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Opzione riallineamento fiscale: cosa fare in caso di errore

L'agenzia delle entrate con l'interpello n 42 del 9 febbraio fornisce chiarimenti su errata opzione della scelta in dichiarazione per il riallineamento fiscale.

In dettaglio, chiarisce che non è utilizzabile l'istituto del ravvedimento operoso e specifica i casi in cui è utilizzabile la remissione in bonis, vediamo il perché e i dettagli del caso di specie.

Opzione riallineamento fiscale: cosa fare in caso di errore

L'istante pone un quesito in merito alla possibilità di modificare, mediante dichiarazione integrativa, la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta 2019, per rettificare il contenuto dei campi ove è stata esercitata ''erroneamente'' una opzione (quella per riallineamento dei valori ex articolo 176, comma 2ter, del Tuir), in luogo di quella effettivamente scelta (opzione per il riallineamento di cui dall'articolo 1, commi da 696 a 704, della legge 27 dicembre  2019, n. 160). 

In particolare, il contribuente «nel corso del 2017, ha effettuato un'operazione straordinaria di fusione dalla quale sono emerse delle differenze tra il valore civilistico e il valore fiscale relativamente ad un terreno sul quale insiste un fabbricato industriale.  

Per effetto della citata operazione di fusione, nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2018 è stato compilato il quadro RV per evidenziare il disallineamento  dei valori pari ad euro [...]. [...]  

La società istante ha inteso usufruire della normativa ritenuta di favore [prevista  dal citato articolo 1, commi da 696 a 704, della legge n. 160 del 2019, per riallineare  fiscalmente e a pagamento i differenziali di valore contabile/fiscale riferibili ai beni  d'impresa, ndr.]. [...] (...)».  

Tuttavia, nella dichiarazione dei redditi 2020 (anno d'imposta 2019), regolarmente presentata dalla Società istante, il citato riallineamento è stato erroneamente esposto nella sez. VIA del quadro RQ anziché nella sezione XXIIIB dello stesso quadro RQ.  

In conseguenza dell'errore commesso nella compilazione della dichiarazione dei redditi inviata telematicamente, l'imposta sostitutiva è stata erroneamente versata utilizzando il codice tributo 1126 (di cui al riallineamento ex art. 176 del TUIR) invece che con il codice da riallineamento ex art. commi 696 e seguenti della Legge n. 160/2019 (codice tributo 1811) che, peraltro, avrebbe comportato un versamento inferiore.

Premesso che, «nel corso del prossimo futuro, concluderà una serie di atti di  vendita aventi ad oggetto gli immobili oggetto di riallineamento  l'istante intende pertanto conoscere se:  

  • può rimediare presentando una dichiarazione integrativa con i dati esatti ricorrendo al ravvedimento operoso e chiedendo la rettifica del codice tributo indicato nel modello F24 mediante pratica Civis;
  • in caso di risposta negativa, l’istante ritiene di poter sanare l’errore recuperando la somma tramite credito d'imposta, in linea, a suo parere, con l'articolo 3, commi 2 e 3, del Dm n. 86/2002 in tema di rivalutazioni e riallineamento di valori.

Opzione riallineamento fiscale: cosa fare in caso di errore

Le Entrate specificano che ambedue i quesiti prospettati:

  1. l'uno in merito alla possibilità di modificare, mediante ravvedimento operoso, la dichiarazione in parola esercitando  una opzione differente rispetto a quella già espressa, 
  2. e l'altro di recuperare l'imposta  sostitutiva versata tramite il riconoscimento di un credito d'imposta 

trovano risposta sfavorevole per le ragioni di seguito esposte.  

Con l'istituto del ravvedimento operoso, disciplinato dall'articolo 13 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 472, è possibile definire una irregolarità fiscale (i.e. errori, omissioni, versamenti tardivi  o carenti), provvedendo spontaneamente alla rimozione formale della violazione commessa e, contestualmente, al pagamento dell'imposta dovuta, degli interessi e della  sanzione in misura ridotta in ragione del tempo trascorso dalla commissione delle violazioni stesse.

Detto istituto non può, invece, essere utilizzato per modificare scelte o correggere errori o omissioni compiuti in applicazione di regimi opzionali.  

Al più, lo strumento specificamente introdotto dal legislatore in particolare, con l'articolo 2, comma 1 del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 (convertito con  modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44) volto a evitare che, in determinate circostanze, al contribuente, in possesso di requisiti sostanziali normativamente richiesti, sia preclusa la possibilità di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali è, invero,  l'istituto della remissione in bonis. 

In base al richiamato articolo 2, «sempre che la violazione non sia stata constatata  o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore dell'inadempimento abbia avuto formale conoscenza», il contribuente può fruire di benefici di natura fiscale e accedere ai regimi fiscali opzionali  laddove

  • «a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento; 
  • b) effettui la comunicazione ovvero esegua l'adempimento richiesto entro il  termine di presentazione della prima dichiarazione utile; 
  • c) versi contestualmente l'importo pari alla misura minima della sanzione  stabilita dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio1997, n.241,  esclusa la compensazione ivi prevista».  

Con la circolare n. 38/E del 28 settembre 2012, è stato chiarito che «il  contribuente deve effettuare la comunicazione ovvero eseguire l'adempimento richiesto  ''entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile'', da intendersi come la  prima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione scade successivamente al  termine previsto per effettuare la comunicazione ovvero eseguire l'adempimento stesso»  requisito che, nel caso di specie, non sussiste per decorso del termine.  

Sempre con la circolare n. 38/E del 2012 è stato chiarito, inoltre, che la previsione normativa in oggetto "esclude che il beneficio possa essere fruito o il regime applicato nelle ipotesi in cui il tardivo assolvimento  dell'obbligo di comunicazione ovvero dell'adempimento di natura formale rappresenti un mero ripensamento, ovvero una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità.  L'esistenza della buona fede, in altri termini, presuppone che il contribuente  abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto ovvero con  il beneficio fiscale di cui intende usufruire (c.d. comportamento concludente), ed abbia  soltanto omesso l'adempimento formale normativamente richiesto, che viene posto in  essere successivamente".  

A parere delle Entrate, nel caso descritto, non si ravvisa alcuna distonia che avrebbe potuto dar luogo all'applicazione della disciplina della remissione in bonis, in ogni caso scaduta visto che il ''comportamento'' tenuto dall'istante versamento dell'imposta sostitutiva  eseguito ben prima (24 luglio 2020) della presentazione della dichiarazione annuale (28  ottobre 2020) a suo dire errata  è coerente con il regime opzionale indicato nella citata dichiarazione e non con quello che si chiede di modificare. 

Ne deriva che la richiesta di modificare l'opzione a posteriori appare un mero ripensamento, una scelta basata  su ragioni di opportunità, a nulla rilevando il richiamo al riallineamento fiscale di cui  all'articolo 1 commi 696 e seguenti della legge n. 160 del 2019 presente nell'informativa  del bilancio d'esercizio relativo al 2019, che rappresenta una manifestazione d'intento cui non ha fatto seguito un comportamento concludente e fiscalmente rilevante. 

Alla luce delle considerazioni suesposte, all'istante è preclusa la possibilità di  emendare l'opzione espressa nella dichiarazione annuale relativa al periodo d'imposta  2019.  

Al fine di recuperare la maggiore imposta sostitutiva versata  l'istante potrà esclusivamente presentare istanza di rimborso ex articolo 38 del decreto  del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, entro i termini dal medesimo  previsti (48 mesi dal versamento), illustrando all'ufficio competente i motivi per i quali il  versamento va considerato indebito. 

Non è, invece, ammissibile il riconoscimento di un  credito d'imposta in conformità a quanto disposto dall'articolo 3, commi 2 e 3, del DM n.  86 del 19 aprile 2002,


Fonte: Fisco e Tasse
News del: 13/02/2024


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