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In giudizio il professionista deve dimostrare l’esecuzione della prestazione

Può accadere che un professionista, incaricato per una prestazione professionale, non riceva il compenso dal cliente.

La strada della riscossione del compenso professionale non saldato può anche essere tortuosa e condurre fino in giudizio.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 3377 del 3 febbraio 2023, ribadisce alcuni principi a cui il professionista, che vuole fare valere la sua pretesa, deve fare riferimento.

La questione di primaria importanza è il fatto che “la prova dell'espletamento dell'opera e dell'entità della prestazione professionale non può essere utilmente fornita con la produzione della parcella e del relativo parere della competente associazione professionale, essendo imposto al professionista, nella sua qualità di attore, di fornire gli elementi dimostrativi della pretesa”.

Detto con altre parole, è a carico del professionista l’onere di dimostrare l’effettiva realizzazione della prestazione per la quale richiede al cliente il pagamento del compenso professionale, a nulla rilevando, in relazione a ciò, in quanto insufficienti elementi di prova, l’emissione della parcella e la sua validazione da parte dell’ordine professionale.

Quindi, in sede di giudizio, il giudice dovrà verificare:

  • se l’incarico è stato conferito, 
  • se la prestazione è stata effettuata, 
  • l’entità della prestazione espletata 
  • e, solo quando è dimostrato ciò, liquidare il compenso.

L’entità del compenso è la questione successiva. 

L’articolo 2233 del Codice civile stabilisce che “il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice”: tali modalità, che sono alternative, non ammettono discrezionalità, in quanto il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa ed adeguato all'importanza dell'opera solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto l'articolo 2233 del Codice civile pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest'ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice”.

Il compenso da liquidare è, quindi, quello convenuto tra professionista e cliente; solo in caso di mancata pattuizione sarà quello determinato in base alle tariffe professionali; oppure, per ultimo, e solo nel caso in cui non sia determinabile in base alle tariffe o agli usi, sarà il giudice a quantificarlo, in base all’entità e alla complessità della prestazione svolta.


Fonte:
News del: 10/03/2023


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