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Versamenti in conto futuro aumento di capitale: dottrina e recente giurisprudenza

Gli apporti dei soci in azienda, successivi alla costituzione e al versamento del capitale sociale iniziale, possono essere a titolo di finanziamento o a fondo perduto.

I versamenti a titolo di finanziamento possono essere fruttiferi o infruttiferi, ma in ogni caso danno diritto alla restituzione delle somme versate, essendo a tutti gli effetti un debito della società, seppur verso i soci.

I versamenti a fondo perduto, diversamente, non danno diritto alla restituzione delle somme versate; e di solito sono costituiti da:

  • versamenti in conto capitale;
  • versamenti a copertura delle perdite.

I versamenti in conto capitale sono apporti dei soci effettuati con l’obiettivo di patrimonializzare la società; quando avvengono in una situazione di crisi, sono spesso richiesti nel contesto di un progetto di ristrutturazione del debito.

Ciò che caratterizza entrambe queste forme di conferimento atipico, è il fatto che l’impresa acquisisce le risorse a titolo definitivo, iscrivendo al patrimonio netto delle riserve disponibili.

Una particolare forma di conferimento atipico è il versamento in conto futuro aumento di capitale: che si realizza ogni qual volta i versamenti vengono effettuati per un aumento di capitale programmato ma non ancora deliberato

La particolare connotazione della fattispecie fa sì che questa presenti delle caratteristiche peculiari non sempre di inequivoca qualificazione.

L’Organismo italiano di contabilità, sul suo documento OIC 28 dedicato al “Patrimonio netto”, considera questi versamenti effettuati a titolo definitivo, da iscriversi in apposita riserva del patrimonio netto; e, del resto, da un punto di vista fiscale, questi conferimenti vengono accettati ai fini ACE.

Ma altra parte della dottrina, come i Notai del Triveneto (sulle massime H.I.2 e I.K.2), in mancanza della definitività che deriva dalla delibera di aumento di capitale, esclude l’ipotesi di iscrizione al patrimonio netto, considerando questi versamenti effettuati a titolo di finanziamento.

In questo contesto fungono da utili bussole due recenti ordinanze della Corte di Cassazione, la numero 24093/2023 e la numero 34503/2021, che appunto affrontano la questione.

Secondo la Corte “una funzione oggettiva di credito è da escludere dinanzi a versamenti in conto di un futuro aumento di capitale, visto che essi, ove l'aumento intervenga, vanno a confluire automaticamente in esso, mentre, ove l'aumento non intervenga, vanno sì restituiti, ma non perché eseguiti a titolo di finanziamento, sebbene semplicemente perché la fattispecie in effetti programmata - l'aumento di capitale - non si è perfezionata”, e “l'iscrizione in bilancio avviene in tali casi come riserva, e non come finanziamento soci e come debito della società verso i medesimi”.

Quindi i versamenti a titolo di futuro aumento di capitale vanno considerati come dei conferimenti effettuati a fondo perduto con uno specifico vincolo di destinazione, che dovranno essere restituiti nel momento in cui non si concretizza la destinazione per cui erano stati versati

In conseguenza di ciò questi versamenti sono privi della natura del mutuo, in quanto il rimborso non è un diritto, ma una conseguenza del venire meno della finalità per cui erano stati effettuati.

Per cui questi versamenti potranno essere considerati a titolo definitivo e iscritti al patrimonio netto come riserve personalizzate dei soci che ne hanno effettuato il versamento.

Tuttavia, affinché sia legittimamente possibile ricondurre a questa situazione i versamenti effettuati dei soci, è necessario che la subordinazione del versamento all’aumento di capitale (per quanto futuro) sia inequivocabile, specifica e dettagliata non essendo sufficiente, la sola denominazione adoperata nelle scritture contabili, ma dovendosi dare conto anche delle finalità pratiche e degli interessi sottesi, e quindi si deve tenere conto delle clausole statutarie, delle scritture contabili e dei bilanci, del comportamento delle parti e di ogni altro elemento concreto possa avere rilievo”; in modo particolare vanno valorizzati quegli indici di dettaglio utili a qualificare le veridicità dell’operazione come l’indicazione “del termine finale entro cui verrà deliberato l'aumento, comportamento delle parti, eventuali annotazioni contenute nelle scritture contabili o, a titolo di ulteriore esempio, anche nella nota integrativa al bilancio”, o simili.


Fonte: Corte di Cassazione
News del: 08/09/2023


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