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Superbonus 110% al test di convenienza: la detrazione

Tra i tanti bonus fiscali attivi per il settore dell’edilizia, il Superbonus 110% lanciato dal DL Rilancio (DL 34/2020 convertito dalla Legge 77/2020) è sicuramente quello che presenta la maggiore convenienza, in quanto a fronte di una spesa di 100 prevede una detrazione fiscale di 110. Caratteristica di questo incentivo è la possibilità (estesa anche ad altri bonus) di scegliere la modalità di fruizione: il contribuente può scegliere se usufruire della detrazione in dichiarazione dei Redditi, se cedere il credito di imposta o se concordare uno sconto in fattura.

Per come è stata strutturata l’agevolazione, ciascuna possibilità presenta dei vantaggi e degli svantaggi tecnici, a cui dovranno essere aggiunte alcune valutazioni personali da parte del contribuente, per operare la scelta più adatta e più conveniente dal proprio punto di vista.

Nel seguito si vedrà il caso della detrazione, per un approfondimento sugli altri casi si veda l’articolo Superbonus 110% al test di convenienza: cessione e sconto in fattura

1) La detrazione

Da un punto di vista pratico, la detrazione di imposta è probabilmente la modalità più semplice per  gestire l’effettuazione dei lavori e il recupero dell’incentivo fiscale. I lavori previsti vengono pagati dal contribuente che poi recupererà una detrazione pari al 110% degli importi corrisposti detraendoli dalle imposte sui Redditi dei successivi 5 anni fiscali.

Purtroppo questo modo di usufruire dell’agevolazione si può scontrare con delle difficoltà. Il limite principale è rappresentato dal fatto che il Superbonus, tra interventi trainanti e trainati, prevede investimenti in ristrutturazione di importo rilevante: questi genereranno una detrazione di imposta equivalente al 110% delle spese sostenute divise in 5 rate annuali di pari importo: come tutte le detrazioni fiscali, l’importo non usufruito in una annualità fiscale non potrà essere riportato agli anni successivi ma si perderà; come conseguenza di ciò, il contribuente che vuole optare per la detrazione in dichiarazione dovrà stimare se i redditi percepiti genereranno imposta sufficiente per il totale recupero della detrazione, fatto che, considerando la rilevanza degli interventi previsti, non potrò dirsi sempre scontato.

Con questo limite si scontrano ancora più duramente i contribuenti che possiedono redditi soggetti a imposta separata o ad imposta sostitutiva (ad esempio, coloro che percepiscono redditi da cessione di partecipazioni societarie, come i trader, oppure i contribuenti forfetari), in quanto non è possibile utilizzare la detrazione per annullare questa tipologia di imposte.

2) L’incentivo alla detrazione

Altra questione di importanza non secondaria è l’esborso finanziario: in questo caso sarà il contribuente che dovrà materialmente pagare i fornitori. Data la possibile rilevanza degli importi oggetto di agevolazione sarà importante fare alcune considerazioni anche su questo tema, ai fini di una corretta valutazione di convenienza tra questa possibilità e le altre previste.

In questo caso il contribuente dovrà necessariamente utilizzare o fondi propri o fondi di terzi presi a titolo di mutuo. L’incentivo a usufruire dell’agevolazione sotto forma di detrazione è rappresentato dalla possibilità di usufruire dell’ulteriore 10% che il Legislatore ha deciso di corrispondere a fronte di spese per un totale di 100 (invece di utilizzarlo per scontare o cedere il credito).

Se il contribuente decide di investire così la propria liquidità, è possibile dire che l’investimento avrà una remunerazione garantita del 10% totale in 5 anni. Questa possibilità va valutata paragonando il ritorno percentuale al rendimento che offrono altri strumenti finanziari con un rischio equivalente, come possono essere i titoli di Stato italiani con scadenza a breve termine. Considerando i rendimenti che oggi hanno questa tipologia di titoli, come ad esempio i Bot, in un contesto europeo tendenzialmente deflattivo, il contribuente potrebbe valutare la possibilità di considerare la detrazione come un investimento. Senza sottovalutare il fatto che, prevedendo la norma la possibilità della cessione del credito di imposta anche in anni successivi, nel caso mutassero le condizioni di base, sarebbe sempre possibile recuperare la liquidità investita.

Per contro, nel caso in cui il contribuente sia costretto prendere a prestito le somme necessarie, alla luce dei tassi reali (il cosiddetto TAEG – Tasso Annuo Effettivo Globale) richiesti dagli operatori finanziari (anche in un contesto di tassi di interesse come quelli attuali), è presumibile che la remunerazione del 10% non sia sufficiente a coprire il costo del capitale, generando una operazione in perdita.


Fonte: Fisco e Tasse
News del: 14/09/2020


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