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Trattamento di fine mandato: le condizioni per la deducibilità

   

 La Cassazione conferma l'orientamento  restrittivo sulle possibilità di deduzione del trattato di fine mandato all'amministratore nella Ordinanza 18445 del 10 luglio 2023.

Il caso riguardava una verifica ispettiva a una SRL relativamente ai  periodi d’imposta 2007, 2008 e 2009, sulla base della quale  l’Agenzia notificava3 avvisi di accertamento : 

  1.  avviso di accertamento xxx,  con il quale, riprendeva a  tassazione oneri riguardanti agevolazione ambientale (ex art.  6 legge 23 dicembre 2000, n. 388) riteneva utilizzati impropriamente, per un importo di € 1.151.515,00, 
  2.  avviso di accertamento  zzz con il quale, riprendeva a tassazione l’importo di € 2.070.699,07,  quale accantonamento per il trattamento di fine mandato (TFM) non deducibile, accertando un reddito complessivo di €  2.995.997,00,e liquidando una maggiore imposta in € 569.442,00 per IRES ed € 80.757,00 per IRAP, irrogando sanzioni per complessivi € 650.199,00; 
  3.   accertamento   yyy con il quale venivano ripresi a tassazione altri costi  non deducibile ai sensi  degli artt. 105 e 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917  per operazioni imponibili non fatturate e non dichiarate; costi non deducibili in quanto  non documentati; costi non deducibili in quanto non inerenti .

Il ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano   veniva rigettato e anche la  Commissione tributaria regionale della Lombardia,  confermava la legittimità   dell'avviso  relativo alla deducibilità degli accantonamenti ai fini del trattamento di fine mandato (TFM).

Nel ricorso in cassazione la ricorrente sosteneva che la sentenza impugnata era incomprensibile ed illogica, in  quanto, da un lato, affermava – con riferimento agli  accantonamenti di fondi per il trattamento di fine mandato -  che  si trattava  di costi non deducibili, e, dall’altro, concludeva per la parziale deducibilità degli stessi.  

In particolare,   sottolinea che la corte di appello nel confermare la sentenza di primo grado, aveva implicitamente legittimato l’applicabilità, al caso di specie, dell’art. 2120 cod. civ., come richiamato dall’art. 105, comma 1, d.P.R. n. 917/1986, affermando la deducibilità dal reddito della società dell’accantonamento ai fini del trattamento di  fine rapporto per una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per l’anno diviso per 13,5, 

L'orientamento della Cassazione sulla deducibilità del TFM 

Nell'ordinanza la Cassazione conferma le conclusioni della Commissione regionale   la cui sentenza appare  motivata, ed in ogni caso la deducibilità degli accantonamenti è stata esclusa, indipendentemente dal profilo della  incongruità, ma soltanto in considerazione della non  sussumibilità di tali accantonamenti nelle fattispecie di cui  all’art. 105 d.P.R. n. 917/1986.

Precisa infatti "Per ormai consolidata giurisprudenza, l'art. 105, comma 4, opera un rinvio "pieno" all'art. 17, comma 1,  lett. c) cit., cioè un rinvio non limitato all'identificazione della  categoria del rapporto sottostante cui si riferisce l'indennità,  ma esteso alle condizioni richieste dalla stessa disposizione,

nel senso che ai fini della deducibilità dei relativi  accantonamenti il diritto all'indennità deve risultare da atto di   data certa anteriore all'inizio del rapporto (Cass. 19 agosto  2020, n. 17367; Cass. 20 luglio 2018, n. 19368)". 

 Ricorda inoltre che sotto il profilo civilistico, il compenso pagato senza una delibera preventiva non può essere ricollegato alla volontà dell'assemblea, che, ai sensi dell'articolo 2389 cod.  civ., è l'unica a poterlo determinare. 

In  assenza di un  espresso atto assembleare  sul diritto e  sull'ammontare del compenso, di data certa anteriore  all'inizio del rapporto,  l'onere sostenuto dalla società risulta deducibile  SOLO nell'esercizio di erogazione dell'indennità di fine mandato  (ossia per cassa). 

In tal senso, la Cassazione richiama anche  l'orientamento  consolidato sia dell'Amministrazione finanziaria (Risoluzioni  n. 211/E/2008 e n. 124/E/2017), sia della giurisprudenza di legittimità  (cfr., tra le altre, Cass. 3 marzo 2021, n. 5763;Cass. 20 febbraio 2020 n. 4400; Cass. n. 17367/ 2020).

Viene anche sottolineato che  il ricorso non contesta che l’attribuzione del  TFM all’amministratore sia avvenuta coevamente alla sua  nomina, essendo entrambe avvenute nell’assemblea del 2  luglio 2001, ragion per cui non vi è un atto avente data certa  anteriore alla nomina medesima, anzi essendo stato  l'amministratore dimissionario e  immediatamente rinominato,  l’attribuzione del TFM in questo caso , è stata addirittura successiva all’inizio del rapporto.


Fonte: Corte di Cassazione
News del: 20/07/2023


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