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Mancato versamento dei contributi INPS

L’art. 116, comma 8, della l. 388/2000, modificando la legge precedente, n.  662/1996, configura diversamente sia la fattispecie dell'evasione contributiva, sia il tipo di sanzioni civili che vi sono ricollegate. (Sulla misura delle sanzioni è successivamente intervenuto il d.lgs n. 8 2016 v. sotto)

Per il caso del mancato o insufficiente pagamento dei contributi previdenziali sul piano sanzionatorio la norma distingue,  infatti  due fattispecie diversamente sanzionate:

  1. OMISSIONE CONTRIBUTIVA -  alla lett. a) il mancato o ritardato pagamento (ovvero l'omissione contributiva), per il quale è previsto il pagamento di una sanzione civile annua pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti, per un importo massimo del 40 per cento dei contributi non corrisposti ;
  2.  EVASIONE CONTRIBUTIVA  - alla lett. b) l'evasione contributiva per la quale è previsto il pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al 30 per cento, per un importo massimo del 60 per cento dei contributi non corrisposti. Inoltre prevede l'attenuazione della sanzione (che viene parificata a quella sub a), ove la denunzia sia spontaneamente effettuata prima della contestazione dell'Istituto e comunque entro dodici mesi dal termine di pagamento dei contributi, a condizione che il pagamento avvenga nei trenta giorni seguenti.

La questione  ha formato oggetto di diverse e contrastanti pronunce della giurisprudenza di legittimità.

 Dapprima,    (Cass. civ., sez. lav., 10 maggio 2010, n. 11261) la Cassazione ha affermato che  l'omessa denuncia all'INPS di lavoratori, ancorché registrati nei libri paga e matricola, configura l'ipotesi di "evasione contributiva" di cui all’ art. 116, comma 8, comma b), della l. 388/2000, e non la meno grave fattispecie di "omissione contributiva" di cui alla lett. a) della medesima norma, che riguarda le sole ipotesi in cui il datore di lavoro, pur avendo provveduto a tutte le denunce e registrazioni obbligatorie, ometta il pagamento dei contributi;  l'omessa denuncia dei lavoratori all'INPS fa presumere infatti  l'esistenza della volontà del datore di occultare i rapporti di lavoro al fine di non versare i contributi. Inoltre  grava  sul datore di lavoro onere di provare la sua buona fede, che non può reputarsi assolto in ragione della mera registrazione dei lavoratori nei libri paga e matricola, che restano nell'esclusiva disponibilità del datore stesso e sono oggetto di verifica da parte dell'istituto previdenziale solo in occasione delle ispezioni.

Si è, poi, invece, sostenuto   nella sentenza n. 1230 del 20 gennaio 2011, che  la mera mancata presentazione del modello D.M./10 (recante la dettagliata indicazione dei contributi previdenziali da versare) non configura la fattispecie dell’evasione contributiva, bensì quella dell’omissione. Nello specifico la Suprema Corte sottolineava che non può essere contestata l'evasione se l'imprenditore non ha volontariamente occultato informazioni all'INPS, ma ha semplicemente omesso la presentazione di un documento formale contenente dati già in possesso dell'Istituto. 

Successivamente, la Corte di Cassazione   è tornata all'orientamento iniziale con le sentenze 27 dicembre 2011, n. 28966, n. 10509 del 2012 e altre.




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Speciale del: 25/06/2018