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Interventi di recupero edilizio 2018: regime Iva

La definizione pratica dal punto di vista urbanistico degli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente è contenuta all’articolo 3, comma 1, lettere a), b), c) e d) del D.P.R. n. 380/2001 (si tratta del cosiddetto “Testo Unico dell’edilizia” che ha sostituito, con molte modifiche ed integrazioni, la vecchia Legge n. 457 del 1978). Nel testo vengono trattati:

  •  gli interventi di manutenzione ordinaria (lettera a),
  •  gli interventi di manutenzione straordinaria (lettera b),
  •  gli interventi di restauro e di risanamento conservativo (lettera c) 
  •  quelli di ristrutturazione edilizia (lettera d).

Le citate definizioni dei diversi interventi sono piuttosto generiche e ricoprono un insieme di lavorazioni che è decisamente ampio. Si va infatti da interventi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici, ad opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici; si spazia da opere  necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti, ad opere volte a  realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici. Il tutto deve essere fatto, in riferimento alle manutenzioni straordinarie, senza alterare la volumetria complessiva degli edifici e senza che ne derivino modifiche alle destinazioni d’uso. È importante evidenziare che, sempre nel concetto di “manutenzione straordinaria”, sono ricompresi anche quegli interventi consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere che, anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari, non vadano a modificare la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione di uso.




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Speciale del: 11/07/2018