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Il punto sulla web tax in attesa dei decreti attuativi

Come noto, i commi da 1011 a 1019 della Legge n. 205/2017 hanno introdotto la nuova imposta sulle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici (cd. “Web tax”).

La web tax è applicabile alle prestazione rese nei confronti di:

i) soggetti residenti sostituti d'imposta di cui all’art. 23, comma 1, D.P.R. 600/1973 (sostituti d’imposta), diversi dai contribuenti minimi/forfetari;

ii) stabili organizzazioni di soggetti non residenti in Italia.

Per servizi effettuati tramite mezzi elettronici si intendono “quelli forniti attraverso internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata da un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell'informazione”.

Sulla scorta delle citate disposizioni di legge, la nuova imposta sulle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuati tramite mezzi elettronici è dovuta, se si superano le 3.000 transazioni annue, ed è trattenuta dai committenti che pagano il servizio; la misura dell’aliquota è fissata al 3% calcolata sui corrispettivi, al netto dell’Iva, di tali prestazioni[1].

L’obiettivo del Legislatore è chiaramente quello di intercettare le imprese, spesso multinazionali estere, che – operando con il web – sfuggono con facilità all’imposizione dei redditi prodotti in Italia per via dell’assenza di una base fissa nel nostro Paese.




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Speciale del: 27/10/2018