L’Ici (imposta comunale sugli immobili) è la
principale tassa sulla casa: si chiama così dal 1993 (d.lgs. 504/1992), e costituisce una
fonte di finanziamento per i Comuni. A differenza dell’Irpef, l’Ici
non è un’imposta
progressiva, in quanto si ottiene applicando l’
aliquota fissata dal singolo Comune (che varia dal 4 al 7 per mille) al valore dell’immobile (rendita catastale rivalutata del 5%) moltiplicato a sua volta per un coefficiente fisso, in base alla categoria catastale di appartenenza:
- 140 per la cat. B (per esempio scuole, biblioteche, uffici pubblici);
- 100 per le cat. A (abitazioni) e C (per esempio magazzini, laboratori, box), escluse le categorie A/10 e C/1;
- 50 per le cat. D (per esempio alberghi, teatri, capannoni) e A/10 (uffici e studi privati)
- 34 per la cat. C/1 (negozi e botteghe).
L’ici viene
pagata dal proprietario dell’immobile e dal possessore di terreni ed aree edificabili, in
due rate - ciascuna pari al 50% dell’imposta complessiva :
- la prima entro il 16 giugno (c.d acconto) sulla base delle aliquote e delle detrazioni deliberate dal Comune per l’anno precedente;
- la seconda entro il 16 dicembre (c.d. saldo) prendendo a riferimento l’aliquota e le detrazioni deliberate dal Comune nell’anno a cui si riferisce l’imposta (al momento del saldo, quindi, potrebbe eventualmente essere effettuato un conguaglio).