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Inviti del fisco: le deroghe alla mancata accettazione a fornire i dati

Nell’ambito dell’accertamento tributario l'invito dell'Amministrazione finanziaria a fornire dati e notizie, di cui al co. 4 dell'art. 32 del D.P.R. 600/1973, assolve alla funzione di assicurare un dialogo preventivo tra Ufficio e contribuente,  finalizzato a definire le rispettive posizioni oltre a tentare di evitare l'instaurazione di un contenzioso giudiziario. 

La conseguenza è che l'eventuale omissione viene sanzionata con la preclusione amministrativa e processuale all’allegazione dei dati e dei documenti non forniti in quell’ambito. Tale inutilizzabilità consegue in modo automatico all'inottemperanza all'invito, potendo beneficiare il contribuente di una deroga solo se ricorrono le condizioni di cui al co. 5 dell'art. 32 del D.P.R. 600/1973, ossia depositando in allegato all'atto introduttivo del giudizio di primo grado le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri non trasmessi, dichiarando contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste dell'Ufficio per causa a lui non imputabile.

A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11835/2020, (di cui alleghiamo copia in calce all'articolo.)

Perché possa trovare applicazione la preclusione disciplinata dal co. 4 dell’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, tuttavia, pare imprescindibile che la documentazione a cui la limitazione si riferisce sia stata esplicitamente richiesta dall’Ufficio, dovendosi interpretare tale disposizione normativa coerentemente con il diritto alla difesa previsto dall’art. 24 della Costituzione e con il principio di capacità contributiva richiamato dall’art. 53 della Carta costituzionale (Cass. ord. n. 16548/2018). 




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Speciale del: 26/10/2020