Sgravi contributivi negati al professionista

Nella sentenza N. 9382 del 12 aprile 2017 la cassazione lavoro afferma che in tema di sgravi contributivi, i benefici previsti dall'art. 44, comma 1, legge n. 448 del 2001, si applicano esclusivamente agli imprenditori. Sono esclusi, in tal senso, gli esercenti una libera professione intellettuale, quale, ad esempio, la professione forense.

IL CASO

La questione in esame era  il recupero dei contributi da parte dell'Inps nei confronti del titolare di studio commercialista, per indebita fruizione di sgravio contributivo "ex lege" n. 448/98, per il periodo maggio 1999 - aprile 2002. 

Il Tribunale aveva rigettato il ricorso, dopo aver evidenziato che lo studio di un professionista non possiede i requisiti di impresa industriale per poter godere del trattamento agevolato.
La Corte d'appello invece ha riformato la sentenza ritenendo che potevano beneficiare degli sgravi non solo le imprese aventi ad oggetto la produzione di beni, ma anche quelle dirette alla produzione di servizi. Secondo la Corte di merito tali requisiti ricorrevano nella fattispecie, in quanto l'appellante svolgeva attività di consulenza aziendale e di elaborazione dei dati contabili e fiscali, professionalmente organizzata ed impostata in modo tale da produrre profitti.
La Cassazione rigetta decisamente questa interpretazione, ribadendo un orientamento consolidato, e accoglie il ricorso dell'INPS.

 



Sgravi contributivi Art. 44 della l. 448/2001 ed art. 3 della 448/1998

L’art. 44, comma 1, della l. 448/2001 costituisce una proroga dell’art. 3, comma 5, della l. 448/1998, infatti dal punto di vista del contenuto le due disposizioni sono sostanzialmente coincidenti, con un'unica differenza nella rubrica (l'art. 3 parla di "Incentivi alle imprese", mentre l'art. 44 di "Sgravi per i nuovi assunti"). Per il resto, entrambe le norme concedono incentivi ai datori di lavoro sotto forma di sgravi contributivi.
Dunque, atteso che la disposizione inizialmente formulata è esplicitamente indirizzata alle imprese e che quella successiva espressamente richiama proprio il comma 6, dell'art. 3, riferito solo alle imprese (e non ad altri tipi di datori di lavoro), è indubbio che da un punto di vista letterale anche l'art. 44 debba applicarsi soltanto ad imprenditori e ad enti pubblici economici.
Si noti che il rinvio alle imprese (di cui si parla nell’art. 3, comma 6, della l. 448/1998) è esplicitamente posto in chiave alle agevolazioni enunciate nella prima parte dell’art. 44, comma 1, della l. 448/2001.  Inoltre, se è vero che taluni testi normativi, pur riferendosi ad imprese e ad aziende, nondimeno sono stati considerati suscettibili di estensione analogica anche ai datori di lavoro non imprenditori, è altrettanto indiscutibile che tale operazione ermeneutica non è consentita riguardo alle disposizioni in esame.
Non lo è ai sensi dell'art. 14 preleggi, che esclude l'applicazione analogica di una norma eccezionale (e tale è una norma che esonera solo talune imprese e a determinate condizioni dal generale obbligo contributivo gravante su tutte le altre).  Non lo è nemmeno alla luce del diritto comunitario, nello specifico evocato tanto dall'art. 3 cit., quanto dall'art. 44 della l. 448/2001, che subordinano l'efficacia del riconoscimento degli sgravi all'autorizzazione e ai vincoli della Commissione Europea ai sensi dell'art. 87 e ss. del Trattato e successive modificazioni.
E, si noti, la Commissione Europea, con provvedimento n. SG (99) D/6511 del 10.8.1999, ha sì ritenuto che l'aiuto di Stato di cui al summenzionato art. 3, commi 5 e 6, sia conforme alla politica comunitaria in materia di occupazione, ma ciò ha affermato sull'espresso presupposto, comunicato dal Governo italiano, che tali aiuti riguardavano le imprese.  In proposito va rammentato che il diritto comunitario vede con sfavore gli aiuti di Stato alle imprese (nel cui novero rientrano anche le politiche di sgravi contributivi) perchè alterano la concorrenza, sicchè essi possono impiegarsi in ambito nazionale solo come extrema ratio e nel rispetto delle predette regole comunitarie.
Pertanto, sarebbe un'interpretazione contraria (non solo al diritto nazionale, ma anche) al diritto comunitario quella che estendesse gli sgravi in discorso anche ai datori di lavoro non imprenditori.
La conclusione è confermata dall'approccio storico-teleologico, considerato che entrambe le norme (i citati art. 3 della l. 448/1998 ed art. 44 della l. 448/2001) sono finalizzate a promuovere l'occupazione nel Mezzogiorno, vale a dire in una realtà territoriale carente nel settore dell'imprenditoria per numero e dimensioni delle imprese ivi operanti rispetto a quelle attive in altre regioni italiane, mentre non v'è ragione alcuna per supporre che la ratio dell'art. 44 cit. fosse quella di incentivare - sempre e soltanto nel Mezzogiorno - assunzioni di lavoro domestico o presso studi professionali od organizzazioni di tendenza prive di scopo di lucro (cioè assunzioni alle dipendenze di datori di lavoro non imprenditori).


Aggiornata il: 02/05/2017