Controllo a distanza: l’attività dei Call Center al vaglio dell’INL

Con Circolare  n. 4 del 26 luglio 2017 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito indicazioni operative sulla installazione e utilizzazione di strumenti di supporto all’attività operativa ordinaria dei Call Center.
Tali indicazioni hanno tenuto conto delle modifiche operate dal cd. Jobs Act, all’articolo 4 della L. n. 300/1970 che, per l’appunto, disciplina i casi di controllo a distanza del lavoratore da parte del datore di lavoro.



Privacy: il nuovo articolo 4 comma 2 dello Statuto dei lavoratori

Il testo normativo, modificato con Decreto Legislativo 14 settembre 2015 n. 151, articolo 23 recante “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della L. 10 dicembre 2014, n. 183”, stabilisce che “1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. 3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2, sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.
La “giustificazione” della modifica apportata all’art. 4 risiede nella considerazione che, a seguito dell’avvento delle nuove tecnologie telematiche non ha più senso distinguere tra strumento deputato al controllo del lavoratore e strumento di lavoro, sic et simpliciter, in quanto anche gli strumenti appartenenti a questa seconda categoria possono essere utilizzati per finalità di controllo.

Controllo a distanza: le indicazioni del INL nella circolare 4/2017

Nella richiamata Circolare è stata introdotta una distinzione tra due distinte tipologie di software: 1. da una parte, l’utilizzo del sistema di gestione integrato e multicanale, cd. C.R.M.; 2. dall’altra, l’impiego di software che raccolgono ed elaborano in tempo “quasi reale” i dati relativi agli stati di attività telefonica di ciascun operatore e i tempi medi di evasione delle diverse lavorazioni; così come dei software che quantificano la produttività giornaliera per ogni servizio reso, il tempo dedicato al lavoro per ciascuna commessa e le pause effettuate dal singolo lavoratore.
Nel primo caso, il dispositivo ha l’obiettivo di gestire l’anagrafica del cliente e, quindi, tutti i dati relativi ai rapporti contrattuali in essere con il gestore, in modo da facilitare l’operatore nella fase di acquisizione delle informazioni personali del cliente ed allo stesso tempo di rendere più efficiente la relazione tra il chiamante e l’operatore.
Trattasi a ben vedere di un archivio informatico che sostituisce il tradizionale archivio cartaceo con una netta riduzione dei tempi legati alla ricerca dei dati.
Ad avviso dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, se tale dispositivo consente il mero accoppiamento fra la chiamata e l’anagrafica del cliente senza che sia possibile effettuare ulteriori elaborazioni, lo stesso va considerato uno strumento che serve al lavoratore per “rendere la prestazione lavorativa” e pertanto, la fattispecie che si viene a delineare non potrebbe ricondursi a quella disciplinata dal comma 2 dell’art. 4 della l. n. 300/1970, ricorrendo la quale era necessario l’accordo sindacale o il provvedimento autorizzativo.
Nel secondo caso invece, i software, seppure funzionali allo svolgimento dell’attività lavorativa, consentono di realizzare un monitoraggio individualizzato, costante e continuo, su tutti gli operatori. Di conseguenza, trattasi di strumenti in grado di monitorare l’attività del lavoratore il cui impiego, obbliga la azienda di addivenire ad un accordo con le rappresentanze sindacali o, in subordine qualora tale accordo non siano raggiunti, chiedere l’autorizzazione alla Direzione provinciale del lavoro.


Aggiornata il: 11/09/2017