Facebook: niente foto di minori sui social

Una recente sentenza del Tribunale di Mantova, del 19 settembre 2017, contiene una serie di principi relativi alla pubblicazione sui social network di immagini aventi ad oggetto minori.
Il caso è stato sollevato da un genitore, di una coppia con due bambini, che aveva in affido condiviso, con fissazione della residenza dei minori presso la madre. All’interno dell’accordo la madre si era obbligata a non pubblicare sui social network foto dei propri figli e a rimuovere quelle già presenti.



Il giudizio del Tribunale

Il Giudice in prima battuta delineava il perimetro normativo entro il quale il caso sollevato andava inquadrato e a tale proposito, richiamava il disposto di cui all’art. 10 c.c., rubricato “Abuso dell'immagine altrui”, in base al quale in presenza di una immagine riguardante una persona (sia essa: genitori, coniuge o figli) esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l'esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, può disporre che cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni.

Il diritto all’immagine consiste quindi nel divieto per i terzi di esporre o pubblicare il ritratto senza il consenso dell’interessato.

Il Codice privacy

Altro riferimento normativo preso in considerazione dal Giudice è stato il Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196/2003 e s.m.i.), in particolare gli articoli 4 (che contiene le definizioni adottate dal legislatore in materia di Privacy), 7 ed 8 (riguardanti l’esercizio dei diritti in capo al soggetto definito “interessato al trattamento”, attraverso i quali gli viene consentito di esercitare il proprio potere di autodeterminazione informativa) e l’art. 145 (disciplinante le modalità per esercitare il ricorso al Garante per la protezione dei dati personali).

La Convenzione di New York

Nella sentenza in commento è stata richiamata, anche, la Convenzione di New York, sui diritti del fanciullo, e precisamente l’articolo 16 che recita:

  1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione.
  2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti.

Regolamento generale sulla protezione dei dati - GDPR

Il Giudice ha, altresì, richiamato il Regolamento (UE) n. 679/2016 - Regolamento generale sulla protezione dei dati - GDPR, General Data Protection Regulation - Regolamento UE 2016/679 – che prevede e disciplina fattispecie relative al trattamento di dati personali dei minori di sedici anni, prendendo spunto proprio dai servizi erogati dalla società dell’informazione.

Per completezza si precisa che, per «società dell’informazione» si vuole indicare una società moderna che, giunta al culmine del processo di industrializzazione, deve - per continuare a crescere - concentrare i propri sforzi verso la produzione non più di beni materiali bensì di servizi immateriali.

L’art. 8. “Condizioni applicabili al consenso dei minori in relazione ai servizi della società dell'informazione.” Prevede che per quanto riguarda l'offerta diretta di servizi della società dell'informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un'età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale.

Tale posizione è stata, successivamente, ripresa nella Guida al nuovo Regolamento europeo in materia di protezione dati, presentata dal Garante italiano,  a proposito del consenso ove si legge che: “Il consenso dell’interessato al trattamento dei dati personali dovrà   essere, come oggi, preventivo e inequivocabile, anche quando espresso attraverso mezzi elettronici (ad esempio, selezionando un’apposita casella in un sito web). Per trattare i dati sensibili, il Regolamento prevede che il consenso deve essere anche «esplicito». Viene esclusa ogni forma di consenso tacito (il silenzio, cioè, non equivale al consenso) oppure ottenuto proponendo a un interessato una serie di opzioni già selezionate. Il consenso potrà essere revocato in ogni momento. I trattamenti effettuati fino a quel momento dal titolare sulla base del consenso rimarranno comunque legittimi. I fornitori di servizi Internet e i social media, dovranno richiedere il consenso ai genitori o a chi esercita la potestà genitoriale per trattare i dati personali dei minori di 16 anni.”

La sentenza del tribunale di Mantova

L’aspetto di maggiore pregio di questa sentenza consiste nell’avere ritenuto “che l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line (omissis)”. Di conseguenza, tale asserzione supera anche l’obbligo di acquisizione del consenso dell’interessato (che, nel caso concreto, trattandosi di minori deve essere fornito da chi esercita la potestà genitoriale).

Quanto sopra, sta a significare che il pregiudizio ai minori si configura attraverso la diffusione della loro immagine sui social network, a prescindere da altri, ulteriori, danni. Sulla scorta di quanto argomentato il Giudice ha ordinato, pertanto, “di non inserire, le foto dei figli sui social network”, mentre per il pregresso alla mamma è stato intimato di “provvedere, immediatamente, alla rimozione di tutte quelle (foto) da essa inserite (omissis)”.


Aggiornata il: 10/11/2017