Donazione simulata e attribuzione dei redditi di terzi

Attenzione alle donazioni simulate: il Fisco puo attribuire la plusvalenza al reale venditore  in presenza di elementi  che facciano presumere un tentativo di elusione . 

L’art. 37 co. 3 del D.P.R. 600/1973 attribuisce infatti al contribuente i redditi apparentemente intestati a un soggetto terzo,  nel caso in cui, in forza di presunzioni gravi, precise e concordanti, lo stesso risulti esserne il titolare effettivo, senza discernere tra interposizione reale e fittizia e, di conseguenza, la sua attuazione non viene circoscritta alle mere operazioni simulate. A tale conclusione è giunta la Cassazione anche attraverso l’ordinanza. n. 5420/2018, depositata in cancelleria il 07/03/2018.



Il caso: elementi caratterizzanti della donazione apparente ed elusione

Con atto registrato il 09/03/2001 un contribuente ha donato alle figlie un terreno edificabile del valore dichiarato di L. 120.000.000,  le quali hanno venduto il terreno ricevuto in donazione a un soggetto terzo per il medesimo valore  con atto registrato il 30/07/2001.
L'Ufficio ha ritenuto che la donazione costituisse un mero atto interposto, e ha quindi  tassato in capo al contribuente, quale effettivo venditore, la plusvalenza prodotta ai sensi dell’art. 67 lett. b) del D.P.R. n. 917/1986.

Contro l'atto impositivo il contribuente ha proposto ricorso in C.T.P. che è stato rigettato e in seguito appello alla C.T.R. che invece lo ha accolto.
Avverso la sentenza di appello l'Ufficio ha proposto ricorso per Cassazione sostenendo l’"Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5", nella parte in cui la C.T.R. ha affermato che "mancano elementi comprovanti l'elusione sostenuta dall'Ufficio".

A parere del Collegio di legittimità il ricorso è fondato. Non è controverso che l'Ufficio, a norma dell’art. 37 del D.P.R. n. 600/1973, abbia imputato al contribuente il corrispettivo dell’alienazione del terreno edificabile, precedentemente oggetto di donazione, sul rilievo che l'interposto atto donativo era finalizzato all'azzeramento della plusvalenza realizzata dal reale venditore e apparente donante.

A sostegno della propria tesi l'Ufficio aveva evidenziato i  seguenti elementi:

  • il breve lasso temporale intercorso tra donazione e successiva vendita,
  • l’identità del valore dichiarato nella donazione e del prezzo stabilito nella vendita e
  • l’esistenza di una scrittura privata autografa con cui il contribuente si obbligava a vendere il terreno oggetto di donazione al medesimo soggetto che successivamente lo ha acquistato dalle figlie donatarie.


Per la Corte Suprema la motivazione della sentenza risulta insufficiente nella parte in cui omette di esaminare le prime due circostanze (breve lasso temporale tra i due atti e coincidenza tra valore dichiarato nella donazione e prezzo stabilito nella vendita) e contraddittoria nella parte in cui afferma che non vi è prova della identità del terreno sulla base della diversa indicazione della superficie, rimanendo invariata la particella o mappale costituente l'unità identificativa elementare.

La sentenza è stata pertanto annullata con rinvio alla C.T.R. la quale dovrà applicare il principio per il quale l’art. 37 co. 3 del D.P.R. n. 600/1973 imputa al contribuente i redditi formalmente intestati a un altro soggetto quando, in base a presunzioni gravi, precise e concordanti, egli ne risulti l'effettivo titolare, senza distinguere tra interposizione fittizia e reale, sicchè la sua applicazione non viene limitata alle sole operazioni simulate (Sez. 5, Sent. n. 15830 del 29/07/2016).

Diverso orientamento: prova di incasso del corrispettivo

Si segnala , per contro, l'Ordinanza di Cassazione civile  n. 17128 del 28 Giugno 2018,   che ha invece escluso la natura elusiva di una  complessiva operazione di donazione di un immobile da madre a figli e successiva alienazione del bene a terzi, qualora il prezzo del bene ceduto venga effettivamente incassato dai donatari: ciò in quanto la normativa vigente al momento dell’operazione, poneva a carico dell’amministrazione finanziaria la prova, anche presuntiva, che il corrispettivo fosse stato  invece incassato dal donante,  vero dominus dell'operazione giuridico-economica posta in essere. 

Secondo i giudici rientra infatti nella normale pianificazione della successione da parte dei genitori la volontà di far beneficiare i figli del corrispettivo della vendita, quand’anche le trattative siano state seguite e concluse dai donanti.


Aggiornata il: 22/01/2020