L'omessa trasmissione del flusso UniEmens e la trasmissione ritardata o non veritiera, configurano l’ipotesi di evasione contributiva, anche se resta possibile per il contribuente dimostrare la mancanza di intento fraudolento. Questo viene affermato nella circolare INPS N. 106 del 3 luglio 2017, che ricostruisce la normativa complessiva sull'argomento dopo la sentenza della Cassazione sezione lavoro, n. 28966/2011.
Nella sentenza la Corte aveva equiparato l'omissione dell'adempimento di comunicazione all' evasione contributiva vera propria, in quanto l'occultamento dei dati ai fini di non versare il dovuto rende impossibile per l’Istituto conoscere gli elementi idonei a definire l’obbligo dell’imposizione contributiva. Per la Cassazione esiste dunque un collegamento funzionale, tra le denunce obbligatorie e il pagamento dei contributi dovuti e la mancata presentazione delle prime fa presumere l’esistenza di una volontà del soggetto di occultare le informazioni necessarie.
L'INPS afferma che resta sempre possibile dimostrare l’assenza di volontà fraudolenta ma a questo fine non è sufficiente la corretta compilazione del Libro unico del lavoro ma diventa compito del giudice di merito analizzare in concreto tutti gli aspetti di ogni controversia. Questo vale anche per la tardiva presentazione delle denunce . In sostanza l'Inps ribalta l'onere della prova sul datore di lavoro, tenuto a provare la sua buona fede.
La circolare ricorda infine la possibilità di ricorrere ad una correzione del comportamento omissivo attraverso la presentazione della denuncia entro 12 mesi (dalla prevista scadenza) e il versamento dei relativi contributi nei successivi 30 giorni, comunque prima di qualsiasi notifica di contestazioni da parte dell'Inps. In tal caso le sanzioni civili dovute saranno quelle più lievi.