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Caduta dall'alto in agricoltura: il datore è responsabile

Lavori in quota e responsabilità per la sicurezza

1. Lavori in quota e dispositivi di sicurezza 
Per “lavoro in quota” si intende l’attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore ai 2 m rispetto ad un piano stabile, come stabilito dall’art. 107 del D.lgs. 81/2008 (vedi qui il testo aggiornato)  (...)

Il D.lgs. 81/2008  indica infatti in dettaglio tutti gli obblighi ascrivibili al datore di lavoro e dispone che, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possano essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, il datore di lavoro ha l’obbligo di scegliere le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, dando priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale .

(...)  Nel caso in cui non siano state attuate le misure di protezione collettiva, è necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione specifici all’uso, conformi alle norme tecniche, quali gli assorbitori di energia, i connettori, i dispositivi di ancoraggio, i cordini, i dispositivi retrattili, le guide o le linee vita flessibili e rigide e/o le imbracature. Tali sistemi di protezione devono essere assicurati alle parti stabili delle opere fisse o provvisionali, direttamente o mediante connettore lungo una guida o linea vita .

Senza voler citare la sterminata giurisprudenza in argomento, è oggi pacifico che l’occasione di lavoro vada riconosciuta ogni qualvolta l’evento dannoso si sia verificato a causa dell’esposizione a un rischio ricollegabile allo svolgimento dell'attività lavorativa in modo diretto o indiretto.
Di talché, sono coperte dall’assicurazione INAIL anche le attività accessorie o strumentali allo svolgimento della prestazione o,comunque, ricollegabili al soddisfacimento di esigenzelavorative(si pensi al riconoscimento dell’infortunio in itinere ovvero di quello avvenuto durante gli spostamenti del lavoratore all’interno dell’azienda durante le pause lavorative) .

Si noti che è pacifico in giurisprudenza come in dottrina il riconoscimento dell’infortunio causato dalla colpa, anche grave, del lavoratore .

  Si legge infatti in  Cass.Pen., sez. IV, sent. del 30 settembre 2016,  n. 44327 che “la condotta imprudente dell'infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio inerente all'attività svolta dal lavoratore e all'omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro”.

 Circa la ripartizione dell’onere probatorio incombente rispettivamente sul datore di lavoro e sul lavoratore, si rimanda alle recentissime sentenza di legittimità:  Cass.Civ., sez. lav., 9 giugno 2017,  n. 14468 e 26 aprile 2017,  n. 10319.

Fonte: Fisco e Tasse


Aggiornata il: 01/08/2017