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La procedura dell’accordo di composizione delle crisi da sovraindebitamento

L’omologazione, l’esecuzione e la risoluzione dell’accordo

Il Giudice omologa con decreto l’accordo entro sei mesi dalla presentazione della proposta e ne dispone l’immediata pubblicazione utilizzando idonee forme di pubblicità compresa, riteniamo, l’iscrizione dell’accordo omologato nel Registro delle Imprese (nel caso in cui il debitore esercita attività di impresa), dopo avere verificato il raggiungimento della percentuale del passivo sopra citata, l’idoneità del piano ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili (art. 545 c.p.c.), dell’IVA e delle ritenute operate e non versate ai dipendenti, collaboratori, ecc. e risolta ogni altra contestazione. La pubblicità del decreto è effettuata dall’organismo di composizione che assiste il debitore.
 
Quando uno dei creditori che non ha aderito o che risulta escluso dall’accordo o qualunque altro interessato contesta la convenienza economica dell’accordo stesso, il Giudice omologa quest’ultimo se ritiene che il credito può essere soddisfatto dall’esecuzione di esso in misura non inferiore alla soluzione rappresentata dalla liquidazione del patrimonio del debitore disciplinata dagli artt. 14-ter e seguenti della Legge 3/2012.
 
Anche a questa fase della procedura si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 737 e seguenti del Codice di Procedura Civile sui procedimenti in camera di consiglio. L’eventuale reclamo avverso il decreto si propone al Tribunale e del collegio che decide non può fare parte il Giudice che ha emanato il provvedimento (comma 2°).
 
L’accordo omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui sopra disposta dal Giudice. I creditori con causa o titolo posteriore ad essa non possono procedere esecutivamente sui beni (beni mobili, immobili, crediti, ecc.) oggetto del piano contenuto nell’accordo di composizione della crisi da sovra indebitamento omologato dal Giudice (comma 3°).
 
Questi effetti dell’omologazione dell’accordo vengono meno nel caso di risoluzione dell’accordo o di mancato pagamento dei crediti impignorabili nonché dell’IVA e delle ritenute di acconto operate e non versate. L’accertamento del mancato pagamento di tali crediti è chiesto al Tribunale con ricorso da decidere in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 737 e ss. c.p.c. Il reclamo verso questa decisione si propone sempre al Tribunale e del collegio non può fare parte il Giudice che ha pronunciato il provvedimento (comma 4°).
 
Oltre a ciò, il 5° comma dell’art. 12 stabilisce che la sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l’accordo di composizione. La cosa è difficile che si verifichi perché le procedure paraconcorsuali disciplinate dalla Legge 3/2012 sono destinate a soggetti non assoggettati al fallimento, per cui l’unica ipotesi in cui il caso di cui a questo 5° comma può verificarsi è quello, riteniamo, del socio di una società di persone (escluso il socio accomandante della società in accomandita semplice) che venga dichiarata fallita ed il cui fallimento si estende anche al socio che, come consumatore od esercente un’altra attività di impresa non soggetta a fallimento aveva presentato un accordo di composizione della sua personale crisi da sovra indebitamento. In questo caso, gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione dell’accordo che era stato omologato dal Giudice ai sensi dell’art. 12 della Legge 3/2012 non sono soggetti all’azione revocatoria fallimentare di cui all’art. 67 del RD 267/1942. A seguito della sentenza che dichiara il fallimento, i crediti derivanti da finanziamenti effettuati in esecuzione o in funzione dell’accordo omologato sono prededucibili dalle somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo (cioè vengono soddisfatte, vale a dire pagate prima degli altri crediti ammessi nella massa passiva del fallimento) ai sensi dell’art. 111 del RD 267/1942.
 
L’accordo di composizione omologato può essere annullato dal Tribunale su istanza di ogni creditore, ai sensi del 1° comma dell’art. 14 della Legge 3/2012, quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo oppure dolosamente simulate attività inesistenti (sono atti in frode ai creditori). Non è ammessa alcuna altra azione di annullamento dell’accordo. Il ricorso per l’annullamento deve essere proposto dal creditore entro sei mesi dalla scoperta di uno degli atti citati ed, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dall’accordo omologato (comma 1°-bis).
 
Oltre a ciò, ogni creditore può chiedere al Tribunale la risoluzione dell’accordo omologato se il debitore proponente non adempie agli obblighi derivanti sempre dall’accordo, se le garanzie in esso promesse non vengono costituite oppure se l’esecuzione dell’accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore (se le ragioni sono imputabili al debitore si rientra nelle ipotesi di annullamento di cui al precedente capoverso) (2° comma). Il ricorso per la risoluzione deve essere proposto dal creditore entro sei mesi dalla scoperta di uno degli atti o fatti citati ed, in ogni caso, non oltre un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dall’accordo (3° comma).
L’annullamento e la risoluzione dell’accordo di composizione delle crisi da sovra indebitamento omologato dal Giudice non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in buona fede sui beni o sulle altre componenti del patrimonio del debitore (4° comma).
A queste decisioni del Tribunale si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 737 e ss. c.p.c. sui procedimenti in camera di consiglio. Il reclamo verso queste decisioni si propone sempre al Tribunale e del collegio non può fare parte il Giudice che ha pronunciato il provvedimento (5° comma).
 
 
Vedi anche la normativa:


Aggiornata il: 28/06/2013