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Cumulo giuridico nel diritto tributario

Si salvi chi può dall’incauto patrocinatore

La parte più importante della disposizione la troviamo tuttavia nel successivo comma 2 dove si afferma che alla stessa sanzione (la più grave aumentata da un quarto al doppio) soggiace chi, anche in tempi diversi, commette “… più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell'imponibile, ovvero la liquidazione anche periodica del tributo” e ciò rappresenta il classico caso della fattura non emessa; è prevista una sanzione per la mancata emissione della fattura, ciò determina l’infedeltà della dichiarazione IVA e quindi si manifesta un vincolo di progressione.
Pertanto, per la mancata emissione della fattura, la sanzione va dal 100% al 200% dell’imposta evasa; per l’infedele dichiarazione dell’IVA va dal 100% al 200%. E l’ufficio generalmente applica - se il contribuente ha un trascorso fiscale negativo - la sanzione minima oltre a un aumento dal quarto al doppio una volta soltanto su quella più grave, contrariamente a quanto avveniva precedentemente dove le sanzioni venivano sommate; questo significa che si applica la sanzione del 100%, aumentato dal quarto al doppio; il quarto viene applicato quando si applica il minimo. E tutto ciò vale per le violazioni che sono legate da un vincolo di progressione.
 
La norma procede affermando che “se le violazioni rilevano ai fini di più tributi, si considera quale sanzione base alla quale riferire l’aumento, quella più grave aumentata di un quinto”.
Nel caso concreto, di mancata emissione di una fattura, si avrà infedele dichiarazione ai fini IVA, infedele dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi, infedele dichiarazione ai fini IRAP; tuttavia, essendo le sanzioni tutte uguali - dal 100% al 200% dell’imposta evasa - se la sanzione minima più grave è il 100%, la norma dispone che se rilevano per più tributi, si applica l’aumento di un quinto a quella più grave e sul risultato ottenuto si aggiunge un ulteriore aumento di un quarto.
 
Di ancor maggiore interesse e’ quanto sancito dal comma 5 dell’art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997, guardato con particolare diffidenza e scetticismo dagli addetti ai lavori, tenuto conto che gli atti dell’Amministrazione finanziaria vengono emessi per singola annualità. La suddetta norma afferma che “quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo” e prosegue affermando “se l'ufficio non contesta tutte le violazioni o non irroga la sanzione contemporaneamente rispetto a tutte, quando in seguito vi provvede determina la sanzione complessiva tenendo conto delle violazioni oggetto del precedente provvedimento” perché la sanzione è unica e infine sostiene “se più atti di irrogazione danno luogo a processi non riuniti o comunque introdotti avanti a giudici diversi, il giudice che prende cognizione dell'ultimo di essi ridetermina la sanzione complessiva tenendo conto delle violazioni risultanti dalle sentenze precedentemente emanate”. E’ tuttavia acclarato che nessun giudice lo farà mai “sua sponte”, pertanto, dovranno essere i professionisti del diritto tributario a chiederne l’applicazione. Del resto, come accade anche per la concessione dei benefici di legge nei procedimenti penali.
 
Comunque, la norma che ci sta a cuore fa espresso riferimento a violazioni della stessa indole; ma cosa si deve intendere per violazione della stessa indole? La Circolare 180/E/1998 del 10 luglio 1998, all’art. 7 che afferma che “…. La sanzione può essere aumentata fino alla metà nei confronti di chi, nei tre anni precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole non definita ai sensi degli articoli 13, 16 e 17 o in dipendenza di adesione all'accertamento. …”; ma quali sono i casi di violazione della stessa indole? La circolare ci propone il seguente esempio: il contribuente ha presentato una dichiarazione IVA infedele e una dichiarazione dei redditi infedele in quanto ha commesso un errore nel calcolo degli ammortamenti; IVA e ammortamenti non anno alcun nesso di connessione tra di loro, tuttavia in questa circolare, nel concetto di violazione della stessa indole, vengono considerate tali sebbene, ancorchè non legate da nessun vincolo (ammortamenti e IVA non hanno vincoli) “sono della stessa indole perchè ambedue determinano l’infedeltà della relativa dichiarazione”. Relativamente al cumulo giuridico, introdotto solamente nel 2000 con il D.Lgs. n. 99 (in quanto non tutti erano convinti della bontà di questo principio perchè si sosteneva che il rapporto tributario si chiudesse anno per anno) l’amministrazione finanziaria ne ha consentito l’applicazione per più anni legando però il concetto di violazione della stessa indole al contenuto dell’art. 12; cioè non ha riconosciuto il cumulo giuridico per più anni tra ammortamenti e IVA, riconoscendolo però per tutte quelle situazioni collegate o connesse tra di loro, cioè il classico caso di fatture omesse in più anni che determinano l’infedeltà della dichiarazione IVA, della dichiarazione dei redditi e di quella dell’IRAP, ove l’ufficio è tenuto ad applicare il cumulo giuridico anche per più annualità.
 
In sostanza, quando l’Agenzia delle Entrate notifica l’ultimo avviso di accertamento, è tenuta a rideterminare le sanzioni tenendo conto della sanzione unica, deve cioè applicare sulla sanzione più grave (generalmente sono tutte uguali) l’aumento dalla metà al triplo, e quindi della metà; se le sanzioni riguardano più tributi deve fare l’aumento del quinto e poi deve fare un ulteriore aumento da ¼ al doppio, e quindi di 1/4. Questa è la sanzione unica per più anni che dovrà essere determinata tenendo conto delle sanzioni comminate in precedenza e pertanto, se le stesse eccedono la sanzione unica, alla sola sanzione unica si dovrà fare riferimento.
Ma la cosa più importante è rappresentata dalla definizione del procedimento a fronte del pagamento di 1/3 delle sanzioni.
In una nota del 4 ottobre del 2000, la n. 206965, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, quando viene notificato l’atto di irrogazione delle sanzioni, il contribuente ha la facoltà di definire le sanzioni nella misura di 1/3 (ieri a 1/4) e di impugnare l’atto di accertamento. L’ufficio ebbe a chiarire in quella sede che il contribuente poteva definire - allora a ¼ oggi a 1/3 - soltanto la sanzione che riguardava il singolo atto, senza tenere conto del principio della continuazione, ossia del cumulo giuridico, cioè della sanzione unica: in caso di 4 annualità da definire, l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto che era necessario pagare ¼ (oggi 1/3) su ogni singolo atto per definire le sanzioni; tuttavia venne fatto rilevare dalla dottrina prevalente che esisteva il principio della unicità della sanzione e, di conseguenza, in una nota successiva, la n.ro 159135 del 11 settembre 2001, l’Amministrazione finanziaria - a rettifica di quanto precedentemente affermato – arrivò ad asserire che, nel caso di definizione delle sanzioni a 1/3 sul singolo anno, al ricevimento della sanzione sul secondo anno la stessa avrebbe dovuto tenere conto del principio del cumulo giuridico e, pertanto, dalla quantificazione della sanzione nella misura di 1/3 andava scomputato quanto già pagato sul primo anno.
Veniva così introdotta la possibilità (solo teorica , in quanto era onere dei professionisti del diritto tributario farne espressa richiesta al giudice) di ottenere la riduzione a 1/3 sulla sanzione unica; in buona sostanza veniva riconosciuto il diritto di scomputare quanto eventualmente già pagato sulle annualità precedenti ( v. la nota n.159135, per alcuni esempi a chiarimento).
Orbene, possiamo certamente concludere, senza timore di essere smentiti, che è vigente il principio secondo cui la sanzione unica può essere definita nella misura di 1/3.
 
Ovviamente all’adesione, il cumulo giuridico non può essere applicato in quanto è in vigore una norma specifica che afferma “vale con riferimento il singolo anno e il singolo tributo” e che pertanto non prevede l’applicazione di questo istituto.
 
Infine, prima di accomiatarci, è opportuno ricordare che mai come adesso sarà necessario chiedere per ottenere, avete presente gli avvocati penalisti che nell’arringa finale, con toga e pettina chiedono applicarsi al loro cliente nel computo della pena il vincolo della continuazione in estremo subordine alla pronuncia di non colpevolezza?
Ecco, toccherà a noi, novelli Perry Mason tributari, tutelare il cliente senza lasciare nulla alla sorte…la fortuna e’ cieca, anche la legge a volte lo e’, ma sarà nostro compito far ritrovare le coordinate del percorso al povero contribuente smarrito e a fargli avere la “pena che si merita” …niente di più di quella, però …
 
 


Aggiornata il: 08/07/2013