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Il Decreto del fare modifica le norme sul concordato preventivo in bianco

Il concordato in bianco

Al momento del deposito del ricorso spettava al giudice assegnare al debitore un termine, compreso tra 60 e i 120 giorni, per integrare il ricorso. Soltanto in questa fase successiva sarebbe stato quindi necessario allegare:
  •  la relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;
  • lo stato analitico estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazio- ne dei rispettivi crediti delle cause di prelazione;
  • l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
  • il valore dei beni e dei creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.
Con il cosiddetto concordato in bianco l’intenzione del legislatore era quella di impedire che i tempi di preparazione della proposta e del piano aggravassero la situazione di crisi fino a generare un vero e proprio stato di insolvenza per l’impresa in difficoltà. Gli effetti sul creditore del concordato, infatti, scattavano dal momento della presentazione della domanda, anche di quella “ snella”, ossia senza il piano allegato. Da questa data sarebbe stato quindi impossibile avviare operazioni a tutela dei propri crediti come i pignoramenti.
 
Anche se il concordato in bianco è diventato operativo soltanto dal settembre 2012, dalle rilevazioni statistiche condotte dal Ministero della giustizia è stato rilevato un consistente ricorso a questa tipologia di concordato, tanto da far pensare ad un suo uso distorto rispetto alla finalità che ne avevano ispirato l’introduzione, ossia quella di anticipare gli effetti protettivi del patrimonio dell’impresa in crisi a prescindere dall’elaborazione del piano di concordato. Con l’articolo 82 del decreto, si interviene dunque per conservare la flessibilità e la snellezza dello strumento, che viene però reso più efficiente per quel che riguarda la tutela dei creditori.


Aggiornata il: 16/07/2013