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I compensi all' amministratore di comodo sono indeducibili

La persona nominata amministratore di società senza reali poteri decisionali svolge la funzione cd. “amministratore di comodo”. La Corte di Cassazione nella sentenza 18448 del 21 settembre 2016  ha affermato che l’eventuale compenso riconosciuto all’amministratore di comodo, quantunque erogato, costituisce un costo non deducibile ai fini della determinazione del reddito d’impresa in quanto non rispetta il principio di inerenza.

IL CASO
Con una sentenza del 2009 la Ctr della Toscana, in parziale accoglimento dell’appello di una società, annullava alcuni rilievi di un avviso di accertamento (già parzialmente annullato in primo grado) tra cui quello relativo alla deducibilità dei costi sostenuti per remunerare l’attività di amministratori “di comodo”.
In particolare i giudici di appello, nel riconoscere la deducibilità di tali costi, hanno affermato che sebbene fosse acclarata la loro funzione di amministratori di comodo, gli stessi erano stati comunque retribuiti per tale funzione, e l’effettiva erogazione dei compensi risultava comprovata da documentazione attestante le uscite finanziarie dai conti della società.
Col successivo ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate denunciava, tra l’altro, la violazione dell'art. 75 (ora 109) T.U.I.R. di cui al D.P.R. n. 917 del 1986 per avere il giudice di appello ritenuto deducibili i compensi corrisposti agli amministratori, espressamente qualificati dalla CTR come "di comodo", perchè privi di reali poteri decisionali, esclusivamente in ragione della loro effettiva erogazione, ma senza verificare la sussistenza del requisito dell'inerenza di quei costi all'attività d'impresa,.




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Speciale del: 29/09/2016