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Condomìni morosi: gestione del credito, privacy e profili penali

La gestione della morosità del condomino

Anche per far fronte alla necessità di recuperare in tempi brevi i contributi condominiali non versati, la legge di riforma del condominio 220/2012 ha riformulato l'art. 1129 codice civile, ponendo al comma 9 l'obbligo in capo all'amministratore di procedere al recupero dei contributi condominiali anche tramite ricorso per ottenere un decreto ingiuntivo - immediatamente esecutivo anche in caso di opposizione, come previsto dall'articolo 63 delle disposizioni per l'attuazione del Codice civile e disposizioni transitorie - entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito è compreso: adempimento dal quale può esimere esclusivamente l'espressa dispensa da parte dell'assemblea, essendo ricompresa, l'eventuale omissione, tra le gravi irregolarità previste dall'articolo 1129 codice civile, comma 12, che giustificano la revoca dell'amministratore.
 
La legge 220/2012, peraltro, è intervenuta anche sul citato articolo 63 delle disposizioni per l'attuazione del Codice civile e disposizioni transitorie, disponendo - laddove il comma 1 dell'articolo in commento, nella stesura ante riforma, si limitava a prevedere la detta possibilità del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo - che l'amministratore "è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi" (comma primo) e che questi "non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini" (comma secondo).

Tale ultima disposizione risolve un'annosa questione relativa alla natura delle obbligazioni dei condomini rispetto ai terzi che aveva dei risvolti pratici di una certa importanza. In dottrina, infatti, si oscillava tra due tesi contrapposte.
La prima, per la quale la ripartizione delle spese pro quota avrebbe avuto valenza esclusivamente interna restando obbligati in solido tutti i condomini rispetto ai terzi.
La seconda, invece, avrebbe voluto che si considerasse operante la ripartizione interna anche nei confronti dei terzi.

Le conseguenze pratiche, come evidente, erano di un certo rilievo in quanto, aderendo alla prima tesi, il creditore avrebbe potuto agire indistintamente contro qualsiasi condomino, anche contro quello magari in regola con i pagamenti ma più facilmente aggredibile rispetto al condomino moroso. Secondo la tesi opposta, invece, il creditore avrebbe potuto agire soltanto nei confronti dei condomini morosi, con tutte le difficoltà che ciò comportava in particolare per quanto riguarda il reperimento dei nominativi degli stessi.

Da parte sua, la Corte di Cassazione, dopo essersi basata per lungo tempo sul criterio della solidarietà del debito, con la sentenza 9148/2008 affermava, invece, in forza del principio di parziarietà, che ogni condomino poteva essere chiamato a rispondere del debito condominiale solo per la parte di propria spettanza.

La nuova formulazione dell'articolo 63, invece, si pone in un certo senso a metà tra le due posizioni, riconoscendo un limitato valore esterno alla ripartizione delle spese e imponendo ai creditori di escutere prima i condomini morosi e solo all'esito negativo di questa prima azione, di potere procedere nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti, ma vincolati comunque dal principio di solidarietà.

L'obbligatorietà di procedere al recupero dei contributi condominiali non versati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito è compreso introduce peraltro una sorta di automatismo, ponendo l'amministratore entro limiti temporali ben definiti e limitandone la discrezionalità nella gestione di questi rapporti.

Se però i tempi di avvio della procedura divengono così celeri e ben scanditi, lo stesso non si può dire delle fasi successive della procedura giudiziale di recupero, che spesso fa registrare tempi lunghi già solo per l'emissione del decreto ingiuntivo, così come poi per il proseguo, rendendo vani, dunque, i tentativi di recuperare tempestivamente le quote condominiali non versate.

Anche per questo motivo, oltre che per ridurre i costi che un'azione giudiziale comporta, è sempre auspicabile, laddove si trovi la disponibilità del condomino moroso, tentare di risolvere la pendenza in via stragiudiziale, facendo ricorso alla predisposizione di piani di rientro o ad altre modalità di ammortamento.

L'amministratore del condominio, inoltre, dopo la riforma del 2012, può oggi ricorrere, ove tecnicamente possibile, alla sospensione dalla fruizione del servizio comune nei confronti del condomino moroso da almeno un semestre, così come previsto sempre dall'art. 63, al terzo comma, indipendentemente dalla presenza all'interno del regolamento condominiale di un'espressa autorizzazione in tal senso, che invece era prevista come necessaria dal testo dell'articolo ante riforma.

Anche questo è, dunque, oggi uno strumento a disposizione dell'amministratore e utilizzabile più largamente e con maggiore efficacia come deterrente e per tentare di evitare le lungaggini giudiziarie.



Aggiornata il: 21/11/2014