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Confessione stragiudiziale, se l’amministratore firma il verbale

Dichiarazioni in sede di verifica e rilevanza probatoria in sede processuale

La giurisprudenza è costante nell’affermare che le dichiarazioni rese in sede di verifica dal legale rappresentante di una società (e tanto vale, mutatis mutandis, anche per il legale rappresentante di una associazione) vanno apprezzate (Cass. 22 febbraio 1999, n. 1481) come una confessione stragiudiziale e, pertanto, costituiscono prova diretta, non già indiziaria, del maggior imponibile eventualmente accertato nei confronti della società, e che, come tale, non ha bisogno di ulteriori riscontri (cfr Cass. 25 maggio 2007, n. 12271, per le dichiarazioni rese in sede di verifica dal direttore tecnico).

In sostanza, le dichiarazioni de quibus equivalgono a confessione stragiudiziale e sono prova di diretta del maggior imponibile accertato nei confronti dell’azienda, senza bisogno di ulteriori riscontri. Giova ricordare che la Cassazione ha anche specificato che, in tema di contenzioso, le dichiarazioni rese in sede di verifica dal legale rappresentante di una società non assumono contenuto testimoniale, in quanto il rapporto di immedesimazione organica che lega il rappresentante legale alla società rappresentata esclude che il primo possa essere qualificato come testimone, in riferimento ad attività poste in essere dalla seconda.
In merito al problema dell'utilizzabilità nel processo tributario delle dichiarazioni di carattere confessorio rese dal soggetto indagato nel parallelo procedimento penale, la giurisprudenza ha chiarito che l'utilizzazione da parte del giudice tributario, a fini probatori, della confessione resa anche in sede penale dal rappresentante legale della società, non viola il divieto di prova testimoniale nel processo tributario, visto lo stesso rapporto di immedesimazione organica nella struttura societaria (cfr Cassazione, sentenze nn. 7964/1999 e 9320/2003). In particolare, le dichiarazioni rese in sede di verifica da un soggetto (nella specie, il direttore tecnico) che abbia operato per conto dell'impresa e a cui sia attribuita l'emissione di fatture per operazioni inesistenti possono, anche da sole, fondare l'accertamento di un maggior imponibile ai fini dell'Iva, non trattandosi di elemento indiziario, ma di vera e propria confessione stragiudiziale (Cassazione, sentenza n. 12271/2007). Tale assunto è conforme alla normativa civilistica, secondo cui la confessione - giudiziale o stragiudiziale - è la dichiarazione che la parte fa della verità di fatti a essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte (articolo 2730 c.c.), e che la confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la rappresenta ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale (articolo 2730 c.c.). Le dichiarazioni dei terzi nel processo tributario, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, hanno in linea di principio, valore indiziario concorrendo assieme ad altri elementi a formare il convincimento del giudice. Tuttavia, qualora abbiano valore confessorio, "possono integrare una prova presuntiva, ai sensi dell'art. 2729 c.c., idonea da sola ad essere posta a fondamento e motivazione dell'avviso di accertamento in rettifica, da parte dell'amministrazione finanziaria" (Cass. sentenza 27314/2015) (...)

Fonte: Fisco e Tasse


Aggiornata il: 05/11/2015