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Congedo straordinario per assistenza notturna: no al licenziamento

L. 92/2012, art. 18 della l. 300/1970 ed insussistenza del fatto

(..) La Suprema corte afferma che :"In ordine alla controversia in esame, i giudici di merito hanno accertato che il lavoratore prestava continuativa assistenza notturna alla disabile, alternandosi durante il giorno con altre persone. L'addebito, così come contestato, è da ritenere insussistente, proprio perchè è stato smentito, secondo la ricostruzione intangibile degli stessi giudici del merito, che il figlio convivente non prestasse l'assistenza dovuta alla madre. 

Nè può ritenersi che l'assistenza che legittima il beneficio del congedo straordinario possa intendersi esclusiva al punto da impedire a chi la offre di dedicare spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita, quali la cura dei propri interessi personali e familiari, oltre alle ordinarie necessità di riposo e di recupero delle energie psico-fisiche, sempre che risultino complessivamente salvaguardati i connotati essenziali di un intervento assistenziale che deve avere carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione del disabile.
In definitiva, pur risultando materialmente accaduto che il lavoratore si trovasse in talune giornate del giugno 2013 lontano dall'abitazione della madre ciò non è sufficiente a far ritenere sussistente il fatto contestato perchè, una volta accertato che, ferma la convivenza, questi comunque prestava continuativa assistenza notturna alla disabile, alternandosi durante il giorno con altre persone, con modalità da considerarsi compatibili con le finalità dell'intervento assistenziale, tanto svuota di rilievo disciplinare la condotta tenuta".

Pertanto l'accoglimento del motivo scrutinato determina la cassazione della sentenza impugnata sul punto affinchè il giudice del rinvio applichi alla fattispecie concreta l’art. 18, comma 4, della l. 300/1970, come modificato dalla l. 92/2012, il quale prevede che "il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perchè il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili", annulla il licenziamento e condanna il datore alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al pagamento di una indennità risarcitoria dal giorno del recesso alla reintegrazione effettiva, comunque non superiore alle dodici mensilità, oltre al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali. 

Fonte: Fisco e Tasse


Aggiornata il: 12/12/2017