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Sequestrabili i beni intestati a terzi ma nella disponibilità dell'evasore

La nozione di disponibilità

Con la sentenza n. 47300 del 10/11/2016 la Corte di Cassazione ha rilevato come ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, di cui all’art. 322-ter del codice penale, a differenza di quanto avviene con il sequestro preventivo ordinario, non occorre provare il c.d. “nesso di pertinenzialità” del bene sequestrato rispetto al reato commesso, considerato che possono essere assoggettati a confisca anche beni che si trovino solo nella disponibilità dell’indagato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto o al prezzo del reato.

Sul concetto di “profitto del reato”, poi, gli ermellini ricordano come esso vada individuato in “qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario”.

Con riguardo, invece, al sequestro preventivo diretto alla confisca per equivalente, la Suprema Corte rammenta come questo possa ricadere su beni che si trovino nella disponibilità dell’indagato, indipendentemente da qualunque collegamento con il reato.

I giudici di Piazza Cavour, infine, con la sentenza in rassegna hanno ribadito un orientamento della Suprema Corte afferente il concetto di “disponibilità”: secondo i giudici di legittimità “la nozione di disponibilità non può essere limitata alla mera relazione naturalistica o di fatto con il bene, ma va estesa, al pari della nozione civilistica del possesso, a tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricada nella sfera degli interessi economici del prevenuto, ancorché il medesimo eserciti il proprio potere su di esso per il tramite di altri […]. Viene, dunque, in rilievo e legittima il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, la interposizione fittizia, vale a dire quella situazione in cui il bene, pur formalmente intestato a terzi, sia nella disponibilità effettiva dell’indagato o condannato”.

Proprio per le ragioni su espresse, la circolare 1/2018 della Guardia di Finanza sottolinea come l’Autorità Giudiziaria può pertanto ordinare l’apprensione di beni mobili, immobili o partecipazioni societarie che siano stati, attraverso sistemi più o meno complessi, falsamente intestati a terzi, ove venga fornita la prova che il reo possa disporne uti dominus (ovvero che ne possa disporre come se ne fosse il proprietario).

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Aggiornata il: 31/10/2018