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Prescrizione cartella di pagamento nel fallimento: chi giudica?

Qualche spunto di riflessione critica e conclusioni

A ben vedere il ragionamento della Corte (contenuto prima ancora che nella sentenza, nell’ordinanza di rinvio alle Sezioni Unite) è quello per cui dopo la regolare notifica della cartella di pagamento la giurisdizione tributaria trova il suo limite. E sulla conseguenza, non del tutto convincente, per cui ogni successiva eccezione in merito alla esistenza del debito tributario diviene di fatto, opposizione alla esecuzione.

In realtà riteniamo che questo passaggio motivazionale sia da indagare forse in maniera più approfondita visto che sembra essere in conflitto aperto con l'attribuzione alle commissioni tributarie - a norma dell'art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come sostituito dall'art. 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 - della cognizione di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e speciesi estende ad ogni questione relativa all'an o al quantum del tributo.
Vero che tale regola si arresta (unicamente e tassativamente) di fronte agli atti della esecuzione tributaria. Ma il riferimento è agli atti. Non ad una eccezione che va ad impattare sulla stessa esistenza dell’obbligazione tributaria, ovvero quella della prescrizione del credito.

Ed infatti seguendo questa regola, di maggior rigore letterale,  le Sezioni Unite (Sentenza 14648 del 13 giugno 2017 Pres. Amoroso, Rel. Di Virgilio) avevano affermato che “anche l'eccezione di prescrizione, quale fatto estintivo dell'obbligazione tributaria, rientra nella giurisdizione del giudice che abbia giurisdizione in merito alla predetta obbligazione”. Nel caso specifico il fatto estintivo opposto era sopravvenuto alla formazione del titolo esecutivo costituito dalla cartella esattoriale ed è stata inoltre esclusa l'appartenenza del sollecito di pagamento inviato al contribuente agli atti dell'esecuzione forzata, potendosi assimilare invece all'avviso di mora di cui all'art. 50, comma 2, del d.P.R. n. 602 del 1973, che è impugnabile davanti alle commissioni tributarie.

Ci pare di poter dire, allora, che si intravedono due soluzioni ermeneutiche contrapposte in un ambito in cui i dubbi interpretativi possono dirsi tutt’altro che risolti:

  1. Una che si focalizza sulle fasi delle tutele concesse al contribuente, identificandone due:
  • quella che arriva fino alla notifica della cartella, e
  • una successiva che coinvolge, assieme agli atti dell’esecuzione, anche i profili legati alla prescrizione del credito tributario, in quanto fase – quest’ultima – che si colloca “a valle” dell’atto impositivo.
  1. Una seconda lettura che fissa invece il discrimine, in linea con l’articolo 2 del decreto sul processo tributario, sugli “atti dell’esecuzione”. E tra questi, evidentemente, non rinviene riferimenti alla contestazione in tema di prescrizione, che attiene all’esistenza stessa del debito tributario e che si lega naturalmente alla impugnazione dell’estratto di ruolo, dell’avviso di mora o del semplice sollecito di pagamento. Tutti atti non appartenenti alla sfera delle esecuzioni.

Dobbiamo dire che al momento questa ultima impostazione, più fedele alla lettera dell’articolo 2 del D.Lgs. 546/92, ci risulta maggiormente convincente.

Fonte: Fisco e Tasse


Aggiornata il: 02/01/2020