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Chi risponde per le fatture false? La Cassazione si pronuncia

La decisione della Corte Suprema

Secondo la Corte “La ratio che sorregge la norma appena ricordata, infatti, riposa nella esigenza di evitare che la sola circostanza di utilizzazione, da parte del destinatario, delle fatture per operazioni inesistenti possa integrare anche il concorso nella emissione delle stesse così come, all'inverso, il solo fatto dell'emissione possa integrare il concorso nella utilizzazione, da parte del destinatario che abbia ad indicarle in dichiarazione, delle medesime; in altri termini, la norma ha inteso evitare la sostanziale sottoposizione per due volte a sanzione penale dello stesso soggetto per lo stesso fatto giacché l'emissione trova la sua naturale conseguenza nella utilizzazione mentre l'utilizzazione trova il suo naturale antecedente nell'emissione: nè la emissione nè la utilizzazione sono, dunque, fini a se stesse sicchè, ove l'emissione integrasse anche il concorso nella utilizzazione così come l'utilizzazione integrasse anche il concorso nella emissione, il risultato sarebbe quello di una sostanziale violazione del divieto di bis in idem, che la norma ha dunque inteso scongiurare”.

Ne deriva, pertanto, che la violazione del divieto di ne bis in idem non opera quando, come nel caso qui esaminato dalla Cassazione, il destinatario delle fatture false non ne abbia fatto utilizzo, fermo restando il fatto che, secondo quanto dichiarato da un teste, i pagamenti effettuati dalla società destinataria delle fatture false nei confronti della società emittente per prestazioni mai eseguite, erano stati autorizzati dall’amministratore delegato imputato.

In conclusione la Suprema Corte ha stabilito che il potenziale utilizzatore di fatture o documenti emessi per operazioni inesistenti può concorrere, ove ne sussistano i presupposti, secondo la disciplina dettata dall’art. 110 del codice penale, con l’emittente delle fatture o dei documenti in questione, non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del D.Lgs. n. 74/2000, come già stabilito dalla Cassazione, Sez. III con la sentenza n. 14862 del 17.03.2010).

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Aggiornata il: 17/01/2020