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Accertamento integrativo: i presupposti per un’attuazione legittima

Il limite agli accertamenti parziali

Nella pronuncia , viene  confermata dalla Suprema Corte la sussistenza di un limite nella reiterazione di atti impositivi “parziali”. Di conseguenza, qualora l’Amministrazione Finanziaria dovesse emettere plurimi atti “parziali” giustificati dal medesimo presupposto, l’atto impositivo successivo a quello originario si rivelerebbe illegittimo (Cass. sent.  nn. 12557/2010, 1817/2010, 1150/2010, 2761/2009), in quanto l’Agenzia delle Entrate è tenuta a rappresentare nel primo accertamento parziale, tutti gli elementi di cui risulta essere a conoscenza. 

Invero, se l’intenzione dell’accertamento parziale è quella di velocizzare l’azione accertativa, non si comprende la motivazione per la quale l’Agenzia delle Entrate non debba includere nell’avviso di accertamento parziale tutti gli elementi di cui dispone e afferenti al contribuente, al fine di evitare che gli elementi acquisiti unitariamente nella fase iniziale dell’attività accertativa, debbano in seguito essere contestati al contribuente in momenti differenti e successivi, ostacolando la rappresentazione di una strategia di difesa univoca e globale.

È opportuno evidenziare oltre a ciò che l’art. 41-bis del DPR n. 600/1973 e il corrispondente co. 4 dell’art. 54, del DPR n. 633/1972, prescrivono che le risultanze degli accessi e delle verifiche hanno la possibilità di essere commutate in un accertamento parziale esclusivamente in merito a quegli “elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato” o dichiarato solo in parte.

Pertanto, non tutti gli addebiti di tipo sostanziale hanno titolo per essere volgarizzati in un avviso di accertamento parziale. La relazione agli “elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato” conducono a reputare che esclusivamente gli addebiti “certi” che compiscono i requisiti richiesti dalla prova diretta hanno la possibilità essere commutati in un “accertamento parziale”.

Fonte: Corte di Cassazione


Aggiornata il: 20/07/2020