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Dolo specifico e soglia di punibilità nel reato di omessa dichiarazione
La Cassazione con la sentenza n, 39789 del 26 settembre ha stabilito un importante principio: per determinare il superamento della soglia di punibilità e la sussistenza del dolo specifico di evasione nel reato di omessa dichiarazione, il giudice penale può avvalersi dei risultati delle indagini bancarie effettuate in sede amministrativa, a condizione che proceda ad autonoma verifica di tali dati indiziari e di altri elementi di riscontro che diano certezza dell’esistenza della condotta criminosa.


La controversia

L’amministratore di una Snc è stato imputato del reato di omessa dichiarazione Iva per gli anni 2002, 2003 e 2004. Rilevata la prescrizione per i primi due anni, il tribunale di Roma lo condannava per l’ultima annualità. Avverso tale provvedimento l'imputato ha proposto ricorso per cassazione sostenendo

1) vizio di motivazione, in relazione alla mancanza di una rielaborazione critica delle prove, ed al richiamo del verbale di constatazione; lamenta che la quantità di IVA evasa sia stata calcolata sulla base di un volume di affari presunto e non effettivo, non essendo stato stabilito se i bonifici bancari fossero al netto o al lordo dell'IVA, e sulla base di un modello di dichiarazione rinvenuto, ma non presentato; nessuna verifica o valutazione è stata operata in ordine all'ammontare dell'imposta evasa, ed ai costi sostenuti dalla società;

2) violazione di legge in ordine alla sussistenza del dolo specifico di evasione: la successiva regolarizzazione dimostra che l'omessa presentazione era dovuta solo alla difficile crisi economica della società, che ha costretto l'imputato a ritardare l'adempimento per evitare il fallimento.

Sentenza della Cassazione

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, precisando che ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione ai fini di evasione dell’imposta sui redditi, spetta esclusivamente al giudice penale il compito di accertare e determinare l’ammontare dell’imposta evasa, sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d’esercizio detraibili, attraverso una verifica.

Il risultato della verifica può sovrapporsi o anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario in quanto c'è l’autonomia dei due processi.

Il giudice penale, quindi, può  determinare l’ammontare dell’imposta evasa facendo ricorso alle risultanze delle indagini bancarie svolte nella fase dell’accertamento tributario, ma deve comunque procedere ad autonoma verifica di tali dati indiziari e di ulteriori elementi di riscontro.

 


Fonte: Fisco Oggi
News del: 14/10/2016


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