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Auto d’epoca: sono indice di capacità reddituale e contributiva

Negli ultimi anni si è sempre meno parlato di Redditometro, strumento il cui utilizzo è stato altalenante anche a causa di difficoltà applicative e valutative, che troppo spesso possono sforare nell’opinabile.

Il Redditometro è una forma di accertamento sintetico che scatta nel momento in cui le spese sostenute dal contribuente non sono compatibili con il reddito dichiarato; a questo fine costituisce indice di capacità reddituale e contributiva la proprietà di alcuni beni, come immobili ed autovetture.

Oggetto dell’ordinanza n. 36123/2022 della Corte di Cassazione è la rilevanza, ai fini del Redditometro, della proprietà di un’auto d’epoca. 

Che la proprietà di un’autovettura fosse “sintomatico” di maggiore capacità reddituale e contributiva ai fini del Redditometro è fatto certo, che lo fosse anche la proprietà di un’auto storica possibilmente anche priva, come nel caso esaminato, “di grande valore intrinseco”, non lo era affatto.

La situazione presa in esame, bisogna puntualizzare per chiarezza, non è quella dell’acquisto di un’auto d’epoca per una cifra non compatibile con la capacità reddituale del contribuente, ma il semplice possesso (in quanto acquistata diversi anni prima) di un’auto storica priva di particolare valore.

Ciò che viene contestato, con altre parole, non è il possesso della capacità reddituale per sostenere l’acquisto, ma per sostenere le spese correnti necessarie per la manutenzione dell’auto, che non sono risultate compatibili con il reddito dichiarato.

Entrando più nello specifico, non sono contestate specifiche spese sostenute dal contribuente nell’anno dell’accertamento, ma quelle spese, ipotetiche e presuntive, che di norma vengono sostenute per il mantenimento di un’auto storica, ma che non è detto che siano state effettivamente sostenute dal contribuente.

Riepilogando, ci spiega la Corte di Cassazione che:

  • il riferimento al possesso di vetture da parte del contribuente, contenuto nel Redditometro, deve essere esteso anche alle auto storiche;
  • un’auto storica, a prescindere dal suo valore intrinseco, costituisce un “idoneo indice di capacità contributiva, in quanto notoriamente collegata a spese a volte anche ingenti”;
  • l’accertamento sintetico basato su tale bene è legittimo, ed è “a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onore di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore”;
  • dato che il possesso di un’auto storica costituisce sintomo di capacità reddituale e contributiva, la presunzione legale in favore dell’erario  “può essere superata soltanto dalla prova documentale contraria del contribuente”.

Con altre parole, il semplice possesso di un’auto storica, anche di non particolare valore, è sufficiente per presumere che il contribuente abbia sostenuto delle spese per il suo mantenimento; in conseguenza di ciò, questi, nel caso in cui tali spese ipotetiche non siano coerenti con il reddito dichiarato, dovrà dare prova di averle sostenute con redditi non imponibili, in quanto già assoggetti ad imposta, o con redditi esenti.


Fonte:
News del: 05/05/2023


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