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Nullità contratti di locazione commerciale: parere delle Sezioni unite

Con la sentenza 9 ottobre 2017 n. 23601 la Cassazione a sezioni unite ripercorre la complessa disciplina in materia di nullità dei contratti di locazione  e patti integrativi non registrati .

In sintesi afferma che anche se il contratto di locazione di beni immobili è nullo a causa dell’omessa registrazione, il contratto può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ex tunc, qualora la registrazione sia effettuata tardivamente.

Per quanto concerne, poi, le locazioni commerciali, è da considerarsi nullo il patto col quale le parti di un contratto di locazione concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; questa nullità vitiatur sed non vitiat, (è invalida ma non invalida il contratto) con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione.

IL CASO
Il caso oggetto della sentenza in commento verte  sulla locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo.
La locatrice dell’immobile, nel 2009, ha intimato alla conduttrice lo sfratto per morosità.  A sostegno della propria domanda la proprietaria dell’immobile ha dedotto il mancato pagamento del canone di locazione nella misura di euro 5.500,00 come pattuito in un atto integrativo del contratto di locazione formalmente in vigore tra le parti, avendo ricevuto dalla società conduttrice solo la minor somma di euro 1.200,00 mensili previsti dal contratto.

La parte intimante ha chiarito che in data 20 ottobre 2008 era stato sottoscritto tra le parti un contratto di locazione, registrato in data 4 novembre 2008, il cui art. 4 prevedeva la corresponsione di un canone di locazione annuo di euro 14.400,00 (pari ad euro 1.200,00 mensili); contestualmente, le parti avevano siglato un altro atto, definito accordo integrativo (questo, però, registrato solamente in data 22 gennaio 2009), nel quale erano contenute due distinte clausole (artt. 2 e 3) aventi ad oggetto due diversi canoni, entrambi maggiorati rispetto a quello risultante dal contratto registrato il 4 novembre 2008 (...)
La conduttrice, costituitasi in giudizio, ha resistito alla domanda contestando la validità dell’accordo integrativo poiché tardivamente registrato e, quindi, contrario all’art. 79, legge 27 luglio 1978, n. 392.

Il Tribunale adito, decidendo la controversia, ha escluso che il contratto di locazione fosse inefficace per la non tempestiva registrazione ma ha ritenuto comunque la nullità dell’accordo integrativo in quanto contenente un illegittimo aumento del canone. Tuttavia, il Giudice di prime cure ha rilevato, altresì, un ritardo nel pagamento del canone di euro 1.200,00 previsto dal contratto di locazione per due mensilità e, conseguentemente, ha dichiarato risolto il contratto di locazione in forza di clausola risolutiva espressa .
La controversia nel giudizio di appello, si è conclusa in modo sfavorevole per la conduttrice . La Corte territoriale adita, infatti, ha dichiarato risolto per inadempimento della conduttrice il contratto di locazione stipulato tra le parti in data 20 ottobre 2008; ha condannato quest’ultima al pagamento delle differenze dovute tra il canone corrisposto e quello effettivamente dovuto,con maggiorazione di interessi legali .

La conduttrice, dunque, ha adito la Suprema Corte di Cassazione  censurando la decisione di appello per aver ritenuto la validità delle clausole contenute negli artt. 2 e 3, dell’atto integrativo al contratto di locazione sulla base di una interpretazione non corrispondente alla reale comune intenzione delle parti;

(...) in particolare ha insistito nel sostenere che contratto di locazione e accordo integrativo, in realtà, sarebbero un unico atto e il secondo non si può configurare come illecito patto volto ad aumentare il canone di locazione. Secondo la controricorrente, infatti, il canone di locazione sarebbe stato “determinato dalle parti di comune accordo sin dall’inizio del rapporto, anche se il contratto è stato successivamente registrato. La volontà delle parti era ben chiara: entrambe avrebbero risparmiato denaro, la conduttrice pagando una somma notevolmente minore (Euro 3500) a fronte di 5500 mensili” (e ciò se il contratto non fosse stato registrato) “e la locatrice avrebbe pagato meno tasse”.

La controversia è stata assegnata alla terza sezione della Cassazione che,  con ordinanza 5 agosto 2016, n. 16604, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ponendo una questione di massima di particolare importanza “in una materia connotata da diffusissima contrattazione e caratterizzata da un’accentuata litigiosità”, quale quella concernente i contratti di locazione ad uso diverso da abitazione.
(...)

Le Sezioni Unite hanno deciso il ricorso accogliendo il  motivo di gravame prospettato dalla conduttrice , sopra illustrato. 




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Speciale del: 04/12/2017