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IL COMMENTO - ACCERTAMENTO BANCARIO: RIPARTIZIONE DELL’ONERE PROBATORIO

  
L’art. 32, primo comma, secondo periodo, DPR n. 600 del 1973 rubricato «Poteri degli uffici» prevede espressamente che «I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 33, secondo e terzo comma, o acquisiti ai sensi dell’articolo 18,comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504», ossia i dati relativi a rapporti ed operazioni finanziarie, «sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni»  (in modo speculare recita anche l’art. 51,secondo comma, del DPR n. 633 del 1972 ai fini IVA).
In virtù della presunzione stabilita dall’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, - che, data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c., per le presunzioni semplici – sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari del contribuente vanno imputati a ricavi conseguiti dal medesimo nella propria attività d’impresa, se questo non dimostra di averne tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito (cfr. tra le altre Cassazione  n. 9103/2001 e n. 15447/2001).
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La prassi amministrativa (Circolare del 19 ottobre 2006, n. 32,) e la giurisprudenza ormai costante precisano che nonostante la mancanza di un’espressa previsione normativa, risulta ormai fuor di dubbio l’estendibilità delle indagini ai conti di “terzi”, ossia di soggetti non direttamente interessati dall’attività di controllo. In particolare, la Suprema Corte (Cass., 9 aprile 2010, n. 8507; 7 luglio 2010, n. 16062) ha precisato che l’utilizzazione dei dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli istituti di credito non può ritenersi limitata, in caso di società di capitali, ai conti formalmente intestati all’ente, ma riguarda anche quelli formalmente intestati ai soci, amministratori o procuratori generali, allorché risulti provata dall’Amministrazione finanziaria, anche tramite presunzioni, la natura fittizia dell’intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilità all’ente dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati.
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Aggiornata il: 22/09/2015