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Plusvalenze ai fini IRPEF: per l'accertamento non basta il valore dichiarato

UtilizzabilitĂ  del valore dichiarato al Registro nell'accertamento sintetico

Ultimo aspetto che merita di essere analizzato - anche se colpevolmente non toccato dalla nuova disciplina - è quello dell'utilizzabilità del valore definito ai fini del registro per fondare un accertamento sintetico del reddito del contribuente. È quella che potremmo definire come la "nuova frontiera" dell'utilizzo dei valori degli atti registrati. Infatti - a differenza di quanto visto in precedenza - dove il valore veniva utilizzato per rideterminare la plusvalenza del cedente, il valore può divenire uno degli elementi utilizzabili per misurare tout court il reddito dell'acquirente.
In questa prospettiva è appena il caso di ricordare che, ai sensi dell'art. 38, comma 5, d.P.R. n. 600/1973 l'ufficio può determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali.

Quest'ultima, infatti, si presume sostenuta - salvo prova contraria - con redditi conseguiti nell'anno in cui è stata effettuata al netto dei mutui e dei disinvestimenti dei quattro anni precedenti. Imputazione che può avvenire non nella misura del prezzo indicato in atto, ma sulla base di quello definito a seguito di accertamento ai fini del registro.

Il valore accertato ai fini del registro attraverso il solito criticabile meccanismo presuntivo diviene qui la capacità di spesa dell'acquirente anche se quest'ultimo non ha mai concretamente speso quanto gli viene contestato.

Valgono per tale soluzione gli stessi argomenti di critica precedentemente sollevati per la normativa ora cancellata, pur nella consapevolezza che la corrispondenza tra il prezzo accertato ai fini del registro e quello utilizzabile per l'accertamento sintetico nei confronti dell'acquirente si avvia ad affermarsi come un principio consolidato della S.C..

Fonte: Fisco e Tasse


Aggiornata il: 25/01/2017