In conformità alla logica che ha guidato il legislatore, una corretta analisi del testo del D.lgs. n.112/2017 richiede una dettagliata qualificazione del concetto di “impresa sociale”.
Nei primi due articoli del testo, il legislatore individua in modo puntuale i criteri in funzione dei quali una data realtà organizzata e strutturata, possa acquisire la qualifica di “impresa sociale”.
In particolare, saranno qualificabili come tali:
- gli enti privati, compresi quelli costituiti secondo le prescrizioni di cui al libro V del codice civile, che esercitino in via stabile e principale un’attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, in modo responsabile e trasparente, favorendo il coinvolgimento dei lavoratori e altri soggetti interessati all’attività svolta;
- enti religiosi civilmente riconosciuti, che svolgano le attività di cui al presente decreto ex art. 2, qualificabili quali “attività d'impresa di interesse generale”. Ma questo non è l’unico parametro che gli enti religiosi dovranno detenere per assumere la qualifica di impresa sociale; infatti agli enti suddetti è anche richiesta l’adozione di un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata e la costituzione di un patrimonio destinato;
- le cooperative sociali e i loro consorzi;
I soggetti di cui sopra, ai sensi della nuova normativa, dovranno svolgere in via principale (nel senso che l’attività svolta dovrà generare ricavi superiori al 70% dei ricavi complessivi) attività di interesse sociale e dunque volte al perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.