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Decreto dignità: tutte le novità

Limiti alla delocalizzazione delle imprese nel decreto dignità

Per prima cosa occorre chiarire che ai fini del decreto dignità per delocalizzazione si intende: "il trasferimento di attività economica o di sua parte dal sito produttivo incentivato ad altro sito da parte della medesima impresa beneficiaria dell’aiuto o di altra impresa con la quale vi sia rapporto di controllo   o collegamento  ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile

In linea generale, l'articolo 5 disciplina le sanzioni nel caso di delocalizzazione da parte dell’impresa beneficiaria di aiuti di Stato. Le sanzioni sono diverse in relazione alla fattispecie:

  • per chi delocalizza l’attività nell’ambito UE o anche in Italia ma fuori dal sito incentivato, entro cinque anni dalla conclusione dell’iniziativa agevolata viene prevista la restituzione del beneficio con la maggiorazione del tasso di interesse di cinque punti
  • per chi ha ricevuto aiuti e delocalizza in Paesi extra Ue, entro cinque anni dalla conclusione dell’iniziativa agevolata viene prevista una sanzione amministrativa da due a quattro volte l’importo fruito.

L'articolo 6 stabilisce che le imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale che beneficiano di aiuti di Stato che prevedano la valutazione dell’impatto occupazionale qualora, riducano i livelli occupazionali degli addetti all’unità produttiva o all’attività interessata, decadano dal beneficio. In particolare, la decadenza, che comporta la revoca, totale o parziale, dei benefici concessi, è disposta qualora, ad esclusione dei casi riconducibili a giustificato motivo oggettivo , le imprese richiamate riducano i livelli occupazionali degli addetti all’unità produttiva o all’attività interessata dal beneficio nei 5 anni successivi alla data di completamento dell’investimento, rispettivamente:

  • in misura superiore al 50% nel qual caso la revoca è totale
  • in misura superiore al 10% nel qual caso il beneficio viene ridotto in misura proporzionale alla riduzione del livello occupazionale.

L’articolo 7 subordina l’applicazione dell’iper-ammortamento fiscale alla condizione che il processo di trasformazione tecnologica e digitale delle imprese, su cui si fonda l’agevolazione, riguardi strutture produttive situate nel territorio nazionale, ivi incluse le stabili organizzazioni  di soggetti non residenti. Se nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo i beni agevolati

  • vengono ceduti a titolo oneroso
  • sono destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla stessa impresa,

si procede al recupero dell’iper ammortamento. In particolare, il recupero del beneficio avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o  la delocalizzazione dei beni agevolati per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d’imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi. Le disposizioni non si applicano:

  • agli interventi sostitutivi 
  • nei casi in cui i beni agevolati siano per stessa natura destinati all’utilizzo in più sedi produttive, e pertanto possono essere oggetto di temporaneo utilizzo anche fuori del territorio dello Stato.

Infine, l'articolo 8 prevede che ai fini della disciplina del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo  non si considerano ammissibili i costi sostenuti per l’acquisto, anche in licenza d’uso, dei seguenti beni immateriali (di cui al comma 6, lett. d) art. 3 D.l. 145/2013): "competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne" derivanti da operazioni intercorse con imprese appartenenti al medesimo gruppo.

Fonte: Fisco e Tasse


Aggiornata il: 23/08/2018