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Compensi dipendente PA membro di commissioni: trattamento fiscale

La riforma legislativa n. 56/2019 in tema di compensi nella PA

Va anzitutto segnalato che una recente riforma legislativa[1] preclude - nel caso di concorsi per l’accesso al pubblico impiego – l’erogazione di compensi al personale dipendente del medesimo ente che ha bandito il concorso, considerando che tali incarichi vengano in ogni caso svolti in ragione dell’ufficio ricoperto nella p.a. di appartenenza.

Per tutti i restanti casi in cui il compenso sia erogabile al dipendente del medesimo ente erogatore (secondo le specifiche norme e le relative interpretazioni, che non possiamo esaminare in questa sede ed il cui esito appare talvolta incerto), si pone il dubbio se tale compenso venga attratto nella sfera del lavoro dipendente in base al principio di onnicomprensività di cui all'art. 51 (che così sarebbe da considerare reddito imponibile anche ai fini pensionistici) ovvero se possa ricadere – in quanto esercizio di pubbliche funzioni – nella categoria dei redditi assimilati delineata dall'art. 50 (e quindi il compenso erogato non debba valere ai fini pensionistici).

Tra i redditi assimilati al lavoro dipendente, troviamo infatti, alla lettera f), comma 1 del predetto articolo, i compensi per pubbliche funzioni[2]. Si tratta di incarichi tipicamente temporanei, i quali possono avere varia natura e contenuto, e che attribuiscono al soggetto che li esplica una peculiare qualificazione all’interno della pubblica amministrazione, a motivo della specifica attività che lo stesso è chiamato a svolgere[3].

In via generale, qualora tali incarichi siano svolti da soggetti esterni all’ente che eroga il compenso di cui al citato articolo del Tuir, la qualificazione fiscale di detto compenso viene individuata nel testo di legge, e cioè per l'appunto quella di reddito assimilato, a meno che il prestatore dell'opera non sia un libero professionista o non svolga tale incarico nell'esercizio di impresa commerciale, nel quale caso il compenso è attratto, rispettivamente, nel lavoro autonomo o in quello d'impresa.   

Ma, come abbiamo detto, la natura del compenso appare più incerta qualora la prestazione sia svolta da un soggetto lavoratore dipendente dello stesso ente che eroga il compenso (nel rispetto dei limiti di cui all’art. 53 del D. lgs. n. 165/2001[4]).

[1]                                             La “legge concretezza” (l. 19 giugno 2019, n. 56, art. 3) ha previsto che nel caso di concorsi pubblici per l’accesso al pubblico impiego “Gli incarichi di presidente, di membro o di segretario  di  una commissione esaminatrice di un concorso pubblico per l'accesso a un pubblico impiego, anche laddove si tratti di concorsi  banditi  da un'amministrazione diversa da quella di appartenenza (...) si considerano ad ogni effetto di legge conferiti in ragione dell'ufficio ricoperto dal dipendente pubblico o comunque conferiti dall'amministrazione presso cui presta servizio o su designazione della stessa.” Inoltre si prevede che “fermo restando  il  limite  di  cui  all'articolo  23-ter  del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla  legge 22 dicembre  2011, n. 214, la disciplina di cui all'articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non si applica ai compensi dovuti al personale dirigenziale per l’attività' di presidente o di membro della commissione esaminatrice di un concorso pubblico per l'accesso a un pubblico impiego” . Da ciò pare dedursi – per coerenza con l’eccezione riservata ai dirigenti - che l’erogazione di compensi, in tali casi, spetti solo ai dipendenti di ente diverso da quello che ha indetto la procedura.

[2]                                             Art. 50 Tuir: “f)  le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni, sempreché le prestazioni non siano rese da soggetti che esercitano un'arte o professione di cui all'articolo 53, comma 1, e non siano state effettuate nell'esercizio di impresa commerciale, nonché i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie, agli esperti del tribunale di sorveglianza, ad esclusione di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato;"

[3]                                                                    La circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997, ha precisato, con una elencazione solo esemplificativa, che "si tratta di quei compensi e indennità più comunemente denominati gettoni di presenza, a chiunque corrisposti dalle amministrazioni statali e dagli enti territoriali sopra menzionati per l'esercizio di pubbliche funzioni, come quelli di componenti di seggi elettorali, di giudici popolari, giudici conciliatori, testimoni, richiamati alle armi, etc.".

[4]                                             Art. 53, comma 2, D. lgs. 30/03/2001 n. 165: “Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati.”

Fonte:


Aggiornata il: 13/10/2020