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Affrancamento della riserva: il nodo relativo al calcolo della base imponibile

Base imponibile per l’affrancamento: questioni aperte

Una questione che ancora desta incertezze è quella che attiene alle modalità di calcolo della base imponibile da prendere in considerazione nell’operazione di affrancamento delle riserve in sospensione d’imposta.

La base imponibile rilevante ai fini dell’imposta sostitutiva sull’affrancamento del 10%, a parere dell’Agenzia delle Entrate, coincide con il saldo attivo di rivalutazione iscritto nel passivo, aumentato dell’imposta sostitutiva dovuta ai fini del riconoscimento fiscale dei plusvalori, pari al 3% (Circ. n.14/E/2017; 11/E/2009; 18/E/2006).

L’Amministrazione ha confermato tale impostazione anche nella recente Risposta all’interpello n. 539/2021, concludendo che l’imponibile su cui applicare l’imposta sostitutiva debba essere assunto, ai fini dell'affrancamento, al lordo dell'imposta sostitutiva versata per il riconoscimento fiscale degli effetti della rivalutazione, a prescindere dal fatto che il saldo attivo venga esposto in bilancio al netto dell'imposta sostitutiva. 

L’interpretazione de qua poggia sull’applicazione analogica dell’articolo 13, comma 3, L. 342/2000, il quale enuncia il regime applicabile in caso di assegnazione ai soci delle riserve non affrancate, prevedendo testualmente che “…le somme attribuite ai soci o partecipanti, aumentate dell’imposta sostitutiva corrispondente all’ammontare distribuito, concorrono a formare il reddito imponibile della società

Più in dettaglio, l’Agenzia motiva l’applicazione di questo criterio argomentando che “devono ritenersi applicabili anche all’opzione per l’affrancamento in quanto relative ad una situazione speculare e assimilabile, finalizzata a rendere il saldo disponibile per la distribuzione (cfr. Circolare 18/E/2006). Si segnala che tale impostazione veniva condivisa anche dalla Commissione Studi Tributari del Notariato, all’interno nello Studio n. 14/2009.

Questo orientamento, tuttavia, è stato in più occasioni messo in discussione da dalla Corte di Cassazione (Cass. n.32204/2019; Cass. n.11326/2020; Cass. n.19772/2020). La Suprema Corte, nelle recenti pronunce ha infatti eccepito l’interpretazione dell’Agenzia, ritenendo che, in assenza di una espressa previsione normativa, l’imposta sostitutiva debba essere applicata al saldo attivo di rivalutazione contabilizzato nel fondo patrimoniale, il quale è determinato al netto dell’imposta sostitutiva. Al contrario, si assoggetterebbe a tassazione anche la quota di patrimonio rivalutato non distribuibile (tenuto conto del fatto che la riserva accoglie il saldo al netto dell’imposta sostitutiva). 

Inoltre, rilevano i Giudici, che le fattispecie relative alla distribuzione del saldo in assenza ed in presenza di affrancamento non possono essere trattate allo stesso modo: il richiamato articolo 13, comma 3, disciplina unicamente l’ipotesi di effettiva distribuzione ai soci del saldo non affrancato e, quindi, “…si evince come l’imposta sostitutiva rientri nella base imponibile solo in ipotesi di effettiva distribuzione ai soci del saldo non affrancato di rivalutazione…”.  Viceversa “…l’inserimento nella base imponibile dell’imposta sostitutiva di rivalutazione finirebbe invece con il colpire un valore superiore (l’importo di tale imposta) rispetto a quello iscritto a riserva in bilancio, e non distribuibile”.

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Aggiornata il: 27/08/2021